100 modi di dire Green Pass

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15 ottobre 2021, 9:00 in punto. Mi “accomodo” sulla mia bella poltrona avvocatesca e mi aggiusto la cravatta. Accendo il computer tentando di darmi un tono (almeno con me stesso) per lavorare, da un pulpito che ha ben poco di ascetismo sacerdotale, ma molto di vita vera (che preferisco).

Ho la tentazione di aprire il mio giornale (cartaceo) sulla destra, ma percepisco come un “rabdomante” dei problemi che oggi sarà una giornata storta. Apro la casella mail, vedo aumentare a dismisura il numero delle “non lette”… 100 in un’ora…  Mi stropiccio gli occhi quasi nella speranza di svegliarmi dal mio incubo, ma la manovra ha un effetto opposto perché mi schiarisce la vista e concentra ancor di più la mia attenzione su questo abnorme numero.

Ho appena la forza (e la curiosità) di “mirare” l’oggetto delle mail. In modo quasi isterico e maniacale hanno tutte un unico argomento declinato in cento modi lievemente diversi… sintetizzabile in due parole (come al solito inglesi)… Green Pass.

È appena entrato in vigore il Decreto che introduce l’obbligo per i dipendenti di esibire il Green Pass al fine di accedere presso i luoghi di lavoro. Ci eravamo preparati con newsletter, webinair, conference (ritornano strane parole straniere che la mia maestra delle elementari non mi perdonerebbe…), ma evidentemente non è bastato.

Come spesso accade in questi casi adotto un metodo assolutamente scientifico, e cioè apro una mail a caso così come i bambini “pescano” dal barattolo delle caramelle. Questa volta però la caramella ha un gusto molto amaro.

È una mail di un cliente (una società) che mi chiede cosa fare: nella sostanza un gruppo di lavoratori ha proclamato uno sciopero per difendere sedicenti diritti nazionali, comunitari, mondiali (forse hanno citato anche convenzioni intergalattiche…) che si sostanziano nel “rifiuto” di esibire la certificazione verde.

Noto peraltro che a fianco a così “alti” principi si coniughi una grammatica zoppicante che denota molte assenze tra la seconda e la quarta elementare (inclusa).

Ho un sincero conato di disgusto perché si comprende palesemente che tali soggetti fanno riferimento a diritti di cui ignorano i contenuti (ed ai loro limiti, perché tutti si scordano che dove ci sono i diritti ci sono anche i limiti) e che molte persone prima di loro si sono dovuti conquistare con estrema fatica, sudore e spesso con la morte.

Penso agli scontri degli operai che hanno perso il lavoro per permettere oggi di godere del diritto di sciopero che ormai si dà troppo per scontato.

Cresce in me un senso di insofferenza per questi “dissidenti” del Green Pass. Mi butto all’indietro sulla poltrona cercando di metabolizzare questo malessere interiore. Quasi all’istante bussano alla porta e viene consegnato un pacco da parte di un cliente che mi vuole ringraziare per un buon lavoro (sono cose che ancora succedono…).

Devo dire che il mio senso di curiosità prevale (considerate che difficilmente i miei pacchi sotto l’albero di Natale riescono ad arrivare integri alla Vigilia) e apro l’inaspettato presente: una scatola di sigari (cubani). Mi viene in mente che avevo raccontato a questo cliente il mio sporadico vizio di sfumacchiare i sigari e il regalo mi ha doppiamente rallegrato: non solo mi piace, ma ho apprezzato ancor di più il fatto che il cliente mi avesse “ascoltato”.

Ne tiro fuori uno bello ciccione e mi vengono subito in mente due personaggi apparentemente opposti, Churchill e Che Guevara.

Sono entrambi due famosi fumatori di sigari, ma hanno solo questo in comune? Sembrerebbe di sì; da un lato il conservatore e “vulcanico” premier britannico e, dall’altro, il rivoluzionario e fascinoso Che (che ricordo essere stato anche un funambolico motociclista).

Mi chiedo che avrebbero pensato questi due miei eroi della mia mail (Superman e Batman mi hanno sempre annoiato…) e mi sono venuti in mente le frasi che li hanno resi più celebri, quella di Churchill che, con orgoglio patriottico, ha gridato alla Nazione “combatteremo sul mare e sugli oceani, combatteremo con sempre maggiore forza…, difenderemo la nostra isola qualunque sia il prezzo che dovremo pagare …. Noi non ci arrenderemo mai”, e quella iconica di Che Guevara “Hasta la victoria siempre. Patria o muerte” (“Sempre fino alla vittoria. Patria o morte”).

Le frasi non sono forse identiche? In realtà i grandi uomini sono spesso più simili di quanto loro stessi possano immaginare e possono essere diversi i loro obiettivi e le loro strategie, ma alcuni principi come quello di “non mollare mai” li accomunano (quasi) sempre. Non mollare non significa necessariamente vincere. Basti pensare che il Che è stato ucciso in una mai chiarita operazione e che Churchill, dopo avere trionfato nella seconda guerra mondiale attraverso strategie da uomo straordinario (quale era), ha perso le elezioni immediatamente successive alla guerra.

Ho pensato a Churchill che, dopo tanta fatica per salvare il suo Paese, ha ricevuto una sconfitta così severa, e al senso di ingratitudine verso una nazione che aveva appena “salvato” dall’invasore; un po’ come oggi alcuni (anzi pochi) dissidenti si ostinano a non accettare le giuste cure gratuite che uno Stato in difficoltà offre loro sulla base di convinzioni sprovviste di alcun fondamento scientifico.

Ho di nuovo pensato a Churchill che, come me, il giorno della sconfitta sedendo sulla sua poltrona chesterfield giochicchiava con il suo sigaro spento, e mi è venuto in mente l’aneddoto secondo cui all’affermazione della moglie: “Abbiamo perso” (le elezioni), Churchill ha risposto: “No, abbiamo vinto. Ci siamo battuti per questo: anche per perdere”.

In questa frase si racchiude il senso della libertà e della democrazia e oggi dobbiamo – nonostante tutto – continuare a mantenere i nostri principi e a permettere anche a coloro che hanno idee sprovviste di alcuna logica e prova scientifica di esprimersi, con un unico limite, quello della non violenza, perché se è vero che cercare di capire è giusto, non è ammissibile accettare fatti violenti come quelli accaduti da poco a Roma. Non dobbiamo permettere che questo accada.

È tempo di mettermi al lavoro con la mia arma, la mia penna. Il sigaro lo fumerò stasera con i miei due vecchi amici, adesso mi mancano solo 99 mail da leggere.

Picture of Sergio Alberto Codella
Sergio Alberto Codella
Avvocato da sempre interessato al diritto del lavoro, della previdenza sociale e sindacale. Da circa vent’anni svolge attività di natura giudiziale e consulenziale in favore di società e manager. É segretario generale della AIDR Associazione Italian Digital Revolution.
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Sergio Alberto Codella
Avvocato da sempre interessato al diritto del lavoro, della previdenza sociale e sindacale. Da circa vent’anni svolge attività di natura giudiziale e consulenziale in favore di società e manager. É segretario generale della AIDR Associazione Italian Digital Revolution.