Amazon avvia la stagione della fine dello smart working? Forse no

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Come molti ormai sapranno – la notizia, peraltro è stata riportata da tutti i media – con una lettera inviata ai dipendenti, il CEO di Amazon Andy Jassy ha annunciato la fine dello smart working. Introdotto dalla multinazionale di Seattle durante la pandemia e successivamente prolungato, aveva un piano di presenza in ufficio per tre giorni alla settimana.

Già in tempi non sospetti, a cavallo tra il 2020 e 2021 il lavoro a distanza era ritenuto una soluzione temporanea, prima con l’introduzione del lavoro ibrido 3+2, poi con le dichiarazioni dello stesso CEO che aveva definito Amazon il posto non adatto per coloro che vogliono lo smart working. Ovviamente ci stiamo riferendo al personale con mansioni impiegatizie e di concetto, per gli altri lavoratori era tutto un altro paio di maniche.

2 gennaio 2025: ritorno in ufficio

Il ritorno in ufficio per tutta la settimana scatterà il 2 gennaio 2025, così che il personale possa organizzarsi per tempo. Jassy ha accompagnato il messaggio ai suoi dipendenti con alcune considerazioni, tra le quali l’importanza di essere presenti in ufficio perché <<[…] è più facile per i nostri colleghi imparare, modellare, mettere in pratica e rafforzare la nostra cultura, collaborare; fare brainstorming e inventare sono più semplici ed efficaci; insegnare e imparare gli uni dagli altri è più fluido; i team tendono ad essere meglio connessi tra loro>>

A quanto pare, negli ultimi 15 mesi in cui a Amazon sono tornati in ufficio per tre giorni alla settimana, il CEO ha rafforzato la convinzione sui vantaggi della presenza. Attenzione quindi, non è un fulmine a ciel sereno, già da alcuni mesi Amazon aveva anticipato la volontà di porre fine allo smart working per tutti.

Infatti, a maggio 2023, il New York Times, scrisse che i dipendenti della sede centrale di Seattle avevano organizzato uno sciopero (ad Amazon non sono presenti sindacati) per protestare proprio contro la decisione dell’azienda di ripristinare gli orari di lavoro che vigevano prima dell’inizio della pandemia.

All’epoca le Big Tech hanno subito introdotto la modalità da remoto, ma sono state anche le prime a tornare indietro. Da Google a Apple, passando per Twitter dopo l’acquisto di Elon Musk, fino adesso al caso di Amazon. Qui si elimina in linea generale lo smart working salvo alcune eccezioni in caso di emergenza familiare, malattia di un figlio oppure esigenze di viaggio dei sales account. Come può spiegarsi la controtendenza?

Prithwiraj Choudhury, docente di Harvard, in un intervento sul Washington Post, ha ipotizzato che sia una strategia per ridurre il personale. Un “licenziamento morbido”, chi non vuole tornare indietro sul metodo organizzativo di svolgimento delle mansioni potrebbe dare le dimissioni.

In un mio precedente articolo su questo blog a luglio sottolineavo come Eurostat indicasse che solo il 4,4% dei lavoratori e lavoratrici italiani avessero svolto in modalità agile la loro mansione – per almeno la metà del monte ore settimanale – nel 2023. Se un’impresa del livello di Amazon manda un segnale del genere viene da pensare che ci sia un rischio, quello di una “restaurazione”, la fine dell’idea che un’organizzazione del lavoro da remoto prevedesse pochi svantaggi rispetto ai tanti vantaggi: meno spostamenti, conciliazione vita-lavoro, più tempo libero e una generale presa di coscienza delle persone che si può lavorare meglio ricercando il benessere. 

Smart Working e riforma inglese

Forse no. La rivoluzione dello smart working continua e a ottobre in Regno Unito arriverà in Parlamento un disegno di legge importante in materia, come ha anticipato Antonello Guerrera su Repubblica.

Nella riforma inglese si prevede che lo smart working sarà un diritto dei lavoratori e le aziende dovranno prevederlo: andare in ufficio sarà una libera scelta del dipendente; fuori dall’orario di lavoro niente mail, telefonate o comunicazioni di lavoro; infine, la settimana lavorativa sarà ridotta da 5 a 4 giorni per consentire un miglior bilanciamento tra lavoro e tempo libero. Staremo a vedere.

La sensazione è che davvero occorra tornare al significato di smart, ovvero “intelligente”, lavorare in maniera intelligente è quello di cui le persone e le aziende hanno in fin dei conti bisogno.

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Francesco Sani
Giornalista Pubblicista laureato in Sociologia all'Università di Firenze. È Direttore della rivista Firenze Urban Lifestyle e collabora con altri magazine e blog su temi attinenti Cultura, Ambiente e Società. Scrive e ha scritto per L'Espresso, Il Fatto Quotidiano, Smart Working Magazine e Artribune.
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Francesco Sani
Giornalista Pubblicista laureato in Sociologia all'Università di Firenze. È Direttore della rivista Firenze Urban Lifestyle e collabora con altri magazine e blog su temi attinenti Cultura, Ambiente e Società. Scrive e ha scritto per L'Espresso, Il Fatto Quotidiano, Smart Working Magazine e Artribune.
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