Benessere e spazi di lavoro: è nato prima l’ufficio o l’azienda?

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In questo articolo vorrei fare una riflessione teorica sulla relazione tra lo spazio e il lavoro: chi nasce prima, l’incubatore dell’attività o l’azienda che lo occupa?

La questione investe l’ambiente naturale, l’edificio architettonico e le persone. I collaboratori, esattamente come la sede, esprimono la visione dell’impresa, mentre non dedichiamo la stessa attenzione agli ambienti che tendiamo a considerarli in ottica diversa. Indipendentemente che accolgano un’attività di concetto, produttiva, logistica o di vendita, ne sottovalutiamo certe specificità. Eppure, l’ambiente, nella sua dimensione architetturale, ha un valore importante. Da un punto di vista dell’architettura lo spazio di lavoro è una commistione di interni ed esterni,ovvero l’urbanizzazione caratterizzante un luogo. All’interno, soprattutto nelle grandi città, i lavoratori passano buona parte del loro tempo e per questo il benessere dovrebbe essere una priorità.

Il benessere del lavoratore è strettamente legato al soddisfacimento di stimoli positivi, quindi il well-being prevede l’appagamento di alcuni sensi. Abbiamo un po’ ovunque spazi progettati ed allestiti oltre 20 anni fa e che adesso segnano il passo con i tempi. Qui le moderne tecnologie e le diverse operosità trovano solo ostacoli; spazi incredibilmente rumorosi e disposizione degli arredi non più attuale. Oppure, anche in tempi recenti, sono stati realizzati dei locali chiusi, senza illuminazione naturale, cosa che pure capita di vedere nei coworking. La vista può essere stimolata dalla presenza di elementi di valore estetico, dalla scelta dei colori e una corretta illuminazione. L’udito è fondamentale nella componente acustica, sappiamo bene quanto poco ci si concentra in luoghi rumorosi o all’opposto estremamente silenziosi. La presenza di “rumori bianchi” – tipo il rumore della pioggia o delle onde del mare – è considerato l’ideale. 

Ecco che oggi si parla oltre che di interior design, di sound design e light design come elementi imprescindibili di una più consapevole progettazione degli spazi di lavoro per il benessere di chi appunto li occupa e li vive. Ovviamente ci sono realtà che godono di una “rendita di posizione” dovuta alla location favorevole, immaginiamo un’azienda inserita in un ambiente di pregio paesaggistico, ma sulla dimensione architettonica indoor si può investire. Lo spazio di lavoro deve essere accogliente, inclusivo e soprattutto garantisca le pause, non intese solo come momento ricreativo, bensì di silenzio o stimolo. Quando molte professioni hanno la creatività e l’intuizione come elemento fondamentale, la pausa è un elemento importante. È stato Steve Jobs il primo a rendersi conto che i suoi collaboratori avevano l’intuizione geniale mentre si confrontavano tra loro a mensa o alla macchinetta del caffè! Il nostro cervello è fatto per concentrarsi sulle task – e allora entra in una modalità analitica – ma solo quando è libero di vagare immagina nuove soluzioni.

Come mi ha spiegato Stefano Zaccaria – marketing director a Toyota Material Handing Italia – ripensare i luoghi di lavoro è imprescindibile, perché sono i contenitori degli stati d’animo, ovvero della creatività dei collaboratori: <<il tratto distintivo di un’azienda che ha cura dei suoi spazi in ottica di benessere,lo si rileva da un buon impianto progettuale, che risulta dall’attività di specialisti di settore, ingegneri, architetti, interior e exterior designer, light & sound designer. Nella progettazione di questi ambienti e architetture gioca un ruolo fondamentale il miglioramento della sostenibilità degli spazi. Pertanto, un’impresa virtuosa oltre a garantire un miglior comfort, per esempio in termini di temperatura, qualità dell’aria, acustica ed illuminazione, allo scopo di conferire benessere alle persone, deve garantire riduzione dei costi, degli sprechi energetici ed oggi, sempre con maggiore consapevolezza, delle emissioni di CO2>>.

La sostenibilità degli spazi si intreccia con l’aumento di popolarità dello smart working. Una diversa fruizione dovuta all’operatività da remoto ha fatto aumentare la presa di coscienza che esiste un processo che può rendere un’organizzazione più sostenibile da un punto di vista sociale e di business. Tutto quello che viene fatto dall’azienda deve avere ripercussioni positive rispetto all’ambiente, ovvero ridurre l’impatto nel contesto in cui la medesima opera. Ripensare gli spazi è un esercizio di immaginazione che le aziende sono già chiamate a fare.

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Francesco Sani
Giornalista Pubblicista laureato in Sociologia all'Università di Firenze. È Direttore della rivista Firenze Urban Lifestyle e collabora con altri magazine e blog su temi attinenti Cultura, Ambiente e Società. Scrive e ha scritto per Il Fatto Quotidiano, Smart Working Magazine e Artribune.
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Francesco Sani
Giornalista Pubblicista laureato in Sociologia all'Università di Firenze. È Direttore della rivista Firenze Urban Lifestyle e collabora con altri magazine e blog su temi attinenti Cultura, Ambiente e Società. Scrive e ha scritto per Il Fatto Quotidiano, Smart Working Magazine e Artribune.
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