Qualità dello spazio di lavoro: come il workplace design influenza il benessere delle persone

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In un momento storico in cui il benessere delle persone è finalmente riconosciuto come priorità concreta per molte organizzazioni, parlare di ambiente fisico non è più una questione di estetica, ma una leva strategica. Dati ed esperienze lo dimostrano: la qualità dello spazio di lavoro – intesa come capacità dell’ambiente di supportare chi lo vive – incide profondamente sulla qualità della vita lavorativa, influenzando produttività, senso di appartenenza, salute mentale e capacità di innovazione.

In questo articolo esploreremo come la progettazione degli uffici è in grado di migliorare la vita lavorativa e in che modo è possibile misurarne l’efficacia per promuovere benessere e performance.

Qualità della vita e qualità del lavoro: un legame diretto

L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la qualità della vita come la percezione soggettiva della propria condizione, influenzata da fattori culturali, sociali e ambientali. 

Il lavoro rappresenta una componente fondamentale di questa esperienza, contribuendo al benessere o, al contrario, generando disagio.

Proprio per questo, la qualità della vita lavorativa va oltre la semplice soddisfazione professionale: include il benessere psicofisico, il riconoscimento del proprio valore e la possibilità di operare in uno spazio di lavoro favorevole. 

Un ambiente progettato per rispondere ai bisogni reali – fisici, psicologici e organizzativi – incide direttamente sulla soddisfazione e sull’efficacia delle persone.

Ambienti che non si limitano a contenere, ma a supportare

Un ufficio bello e moderno non basta. Se non è funzionale alle attività quotidiane, rischia di diventare un ostacolo. Estetica e branding sono elementi importanti, ma secondari rispetto alla capacità dello spazio di facilitare il lavoro, favorire relazioni e adattarsi ai bisogni reali.

Per questo motivo, la valutazione di uno spazio non può basarsi solo su parametri tecnici – come luce, acustica o temperatura – ma deve includere la percezione e l’esperienza degli utenti. È proprio da questo equilibrio tra fattori oggettivi e soggettivi che si definisce la qualità dello spazio.

Una ricerca pubblicata su Journal of Cleaner Production, basata su un campione di oltre 44.000 lavoratori in 35 Paesi europei, ha dimostrato che fattori ambientali negativi percepiti riducono in modo significativo la soddisfazione lavorativa. 

Il concetto di “workspace stress”

Quando lo spazio non funziona, non è solo una questione di disorganizzazione: può diventare fonte diretta di disagio. Il “workspace stress” è lo stress generato da ambienti fisici inadeguati (con una qualità dello spazio di lavoro bassa) che non supportano correttamente le attività o compromettono il benessere.

Le sue conseguenze sono tangibili:

  • Maggiore fatica e frustrazione.
  • Aumento dell’assenteismo.
  • Calo delle performance.
  • Disaffezione verso l’azienda.
  • Riduzione della collaborazione.

Questo tipo di stress può essere subdolo, nascosto in piccole inefficienze quotidiane: un rumore costante in sottofondo, la mancanza di privacy, l’impossibilità di trovare una sala per un meeting veloce. Ma nel tempo, questi dettagli possono minare la qualità dell’esperienza lavorativa.

Open space: il dilemma del nostro tempo

Negli ultimi decenni, l’open space è diventato la configurazione dominante negli uffici, spinto da logiche di flessibilità, trasparenza e collaborazione. Tuttavia, come sappiamo, sono diverse le criticità che questa configurazione comporta, come la mancanza di privacy, le continue interruzioni e il rumore.

Il vero problema, però, non è l’open space in sé, ma l’approccio “taglia unica” con cui viene spesso implementato. Se non viene adattato alle esigenze dei team e delle attività, si trasforma in un ambiente che ostacola piuttosto che supportare, compromettendo la qualità dello spazio di lavoro percepita dalle persone.

La chiave sta nella diversificazione e nella flessibilità. 

La qualità dello spazio di lavoro e il modello dell’Activity Based Working (ABW)

In Workitect adottiamo il modello dell’Activity Based Working (ABW), che si fonda su un principio semplice: non esiste un’unica configurazione spaziale valida per tutti, ogni attività ha bisogno di uno spazio adeguato. 

Secondo l’ABW, tutte le attività possono essere suddivise in quattro categorie principali:

  • Concentrazione: attività individuali che richiedono focus e silenzio.
  • Collaborazione: attività di gruppo.
  • Contemplazione: attività di riflessione e rigenerazione, pause.
  • Comunicazione: attività di interazione e scambio.

Ognuna di queste ha bisogno di uno specifico contesto lavorativo. 

Immaginiamo una persona che deve redigere un report strategico: può farlo in un open space? Probabilmente no. Avrà bisogno di silenzio e isolamento, come quelli offerti da una library.

I vantaggi che l’applicazione di questo modello comporta sono molteplici. Tra questi:

  • Miglioramento delle performance: ogni attività si svolge nello spazio più adatto.
  • Maggiore flessibilità: gli spazi si adattano ai bisogni mutevoli dell’organizzazione.
  • Incremento dell’engagement: le persone si sentono supportate e valorizzate, con effetti positivi su motivazione e appartenenza.

L’ABW consente di progettare uffici che riflettono la varietà delle attività quotidiane. Ma per funzionare, richiede un’analisi preliminare accurata: osservare i comportamenti, ascoltare le esigenze, mappare le attività. Solo così si può valutare concretamente la qualità dello spazio di lavoro e passare da un ambiente generico a uno “fit-for-purpose”.

Come misurare la qualità e l’efficacia degli spazi di lavoro

Per valutare la qualità dello spazio di lavoro e, dunque, capire se un ambiente è realmente efficace, occorre osservare come viene utilizzato e ascoltare chi lo abita per comprendere cosa funziona e cosa no. 

In Workitect partiamo sempre da un’analisi: per ogni spazio, ci poniamo cinque domande chiave:

  • Viene effettivamente utilizzato?
  • È funzionale rispetto alle attività che vi si svolgono?
  • La destinazione d’uso è chiara?
  • È disponibile quando serve?
  • Le regole di utilizzo sono rispettate?

Una volta raccolti ed elaborati i dati, siamo in grado di capire, ad esempio, se ci sono aree sovraccariche o sottoutilizzate e se le regole sono chiare a tutti e vengono applicate. 

Questi insight consentono interventi mirati per migliorare l’esperienza lavorativa, ridurre lo stress ambientale e ottimizzare le risorse.

Spazio, benessere, performance: un equilibrio strategico

Il workplace è molto più di una cornice: è uno strumento che supporta le persone e aiuta a raggiungere gli obiettivi dell’organizzazione. Ambienti che facilitano le attività quotidiane, che proteggono la salute, che stimolano il senso di appartenenza, sono ambienti che producono valore e che hanno un’elevata qualità dello spazio di lavoro.

La progettazione degli spazi deve essere guidata da una logica di valore umano e organizzativo integrato. Oltre che visivamente gradevole, un ufficio deve essere prima di tutto pensato per chi lo abita.

Per riuscirci, serve un approccio olistico basato sull’analisi, sull’ascolto e sulla co-progettazione. Esattamente come quello che applichiamo ogni giorno in Workitect.

Picture of Simone Casella
Simone Casella
Architetto e co-founder di Workitect, dal 2010 si occupa di progettazione di spazi ufficio per aziende multinazionali in Italia e all'estero come Panasonic, Gellify, Fondazione Telethon e Thales Alenia Space.
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Simone Casella
Architetto e co-founder di Workitect, dal 2010 si occupa di progettazione di spazi ufficio per aziende multinazionali in Italia e all'estero come Panasonic, Gellify, Fondazione Telethon e Thales Alenia Space.