Mix generazionale al lavoro: valori a confronto

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Nel mercato del lavoro di oggi convivono ben 4 generazioni differenti: i Boomer – ormai diventati sinonimo di imbranati con gli strumenti tecnologici -, i Gen X – che hanno vissuto anni storici ed economici complessi ma che sui temi del benessere lavorativo e dei bisogni professionali non sono mai stati interrogati -, la Gen Z, la nuova generazione in ingresso e nel mezzo, i Millennial

Anche se alcuni di loro sfiorano già i 39 anni, la percezione generale è che le aziende siano popolate da giovani troppo individualisti, ambiziosi ed esigenti per prendere la guida, ma in realtà con una solida seniority aziendale e con un’idea precisa del rapporto di lavoro come un buon bilanciamento tra auto-realizzazione e qualità della vita. Circa il 50% della forza lavoro sino a qualche anno fa era composta da Millennial, ma con una grande percentuale di Boomer e Gen X a coprire le posizioni apicali, forti della numerica e di reti relazionali consolidate. 

Dietro di loro: il vuoto. 

I Millennial ad oggi attivi nel mercato del lavoro sono, infatti, il risultato di assunzioni alla spicciolata, nonché di percorsi formativi non aderenti al mondo del lavoro e di profondi cambiamenti nell’industria di prodotto – senza contare i grandi stravolgimenti che hanno sovvertito gli equilibri sociali ed economico-politici negli anni che hanno dato vita alla loro generazione. Proprio loro, i Millennial, sono l’oggetto di piani di successione e di progetti di valorizzazione di talenti per lo più fallimentari. Infatti, si tenta di offrire opportunità professionali sfidanti a persone ormai adulte lavorativamente (e non solo) e, nel mentre, si cerca di responsabilizzare la consolidata generazione manageriale – cresciuta con i valori della specializzazione, del sacrificio e dell’esperienza – nel cedere ruoli di responsabilità ai più giovani e nel supportare carriere trasversali e diversificate che rompano il rapporto capo – risorsa ad esclusiva disposizione.

Ma oltre a tenere nella dovuta considerazione la valorizzazione dei lavoratori Millennial nei contesti aziendali, è necessario anche valutare come lo scenario stia pian piano cambiando grazie all’arrivo della generazione Z. Anche in questo caso stiamo assistendo a ingressi a ondate, dovuti agli incentivi all’assunzione e alla guerra per il talento in atto in un mercato del lavoro sempre più fluido, globale e famelico di nuove competenze

Sulla base della mia esperienza di dialogo diretto con queste nuove generazioni in momenti di on-boarding, workshop e focus group aziendali, è possibile sostenere che i nuovi assunti stiano ribaltando i paradigmi precedenti: se i Millennial sono critici verso lo stile manageriale e le opportunità professionali, per la Gen Z si innesta la pretesa che l’ambiente di lavoro sia allineato qualitativamente ed eticamente agli standard da loro imposti. `

Cosa cercano Millennial e Gen Z in un posto di lavoro?

Dall’esigenza di rispondere a questa domanda è nato l’esperimento: ”Descrivete l’azienda ideale con delle immagini”, portato avanti in un anno attraverso 18 sessioni di on-boarding su un centinaio di neoassunti, di cui il 77% con meno di 30 anni. I risultati hanno portato alla descrizione di un’azienda ideale che è, come prima cosa, sostenibile in termini ambientali, inclusiva e valorizzante delle diversità (particolare attenzione è data ai diversi regimi alimentari e stili di vita). Un’azienda attenta al work-life balance e al benessere psico-fisico dei dipendenti con orari flessibili o ridotti e servizi interni come palestre, psicologi, asili nido e ristoranti stellati (sì l’hanno scritto!!). Un’azienda democratica, trasparente e coerente nella comunicazione, che ripone fiducia a priori nei propri collaboratori (che però non sembrano disposti a fare lo stesso nei confronti dell’azienda), che li riconosce economicamente in modo adeguato, li premia per gli sforzi extra e che crea momenti di divertimento e di team-building inevitabilmente anche a livello internazionale.

Acquisire competenze e imparare una professione? Realizzazione? Responsabilità? Perseguire e contribuire a uno scopo comune? Ambizioni di carriera?  Questi concetti non sono mai pervenuti direttamente, ma solo timidamente in un sottogruppo che ha citato il desiderio di crescita in termini economici.  E allora chiediamoci: queste sono le stesse risposte che avrebbero dato le altre generazioni? Probabilmente no, probabilmente avrebbero avuto bisogni simili, ma non li avrebbero espressi in un contesto professionale. Il lavoro dipendente, oggi, non è più qualcosa a cui ambire: è sì necessario, ma non da conquistare. Il diritto prevale sul dovere e sul merito, la pluralità sull’individualismo, il benessere sulla fatica.

Per ora le diverse generazioni cercano di coesistere con uno sforzo significativo soprattutto di quelle precedenti, che con difficoltà riescono a comprendere e a venire incontro ai nuovi bisogni seppur consapevoli che il cambiamento dei paradigmi e la retention di nuovi talenti siano imprescindibili per la continuità del business. 

Il ruolo degli HR

In questo contesto, incentivare il dialogo evitando i contrasti generazionali, i pregiudizi e le posizioni di principio è una delle attività chiave della funzione HR che a sua volta deve attraversare una profonda innovazione in termini di approccio al ruolo. 

La sfida sembra inoltre valicare i confini della singola azienda per toccare l’intera struttura della società civile. 

Il mix e lo scontro generazionale è un tema ricorrente nella storia, ma in questo caso alcuni fattori risultano ancora più critici: 

  • il tempismo nel rispondere ai nuovi bisogni è cruciale per sopravvivere al cambiamento;
  • l’ampiezza dell’impatto della richiesta di cambiamento supera i confini locali e fisici intercettando una massa critica più numerosa e forte;
  • la coerenza: i valori caratterizzanti sembrano maggiormente radicati nella nuova generazione; non è ribellione, non è contrasto, sono semplicemente valori che vengono sentiti come necessari alla sopravvivenza. 

Il dilemma tra il prediligere la freschezza di pensiero o la matura consapevolezza può essere superato da un dialogo costruttivo, uno scambio aperto e curioso che parta dalla consapevolezza da entrambe le parti che 

“voler essere dei propri tempi significa voler essere già parte del passato.” 

EUGÈNE IONESCO

Buon lavoro

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Stefania Turra
Stefania Turra è una professionista in ambito HR che ha contributo nel ruolo di Business Partner e Project Leader in contesti produttivi e R&D. Il suo è uno pseudonimo nato per poter raccontare senza filtri e con un pizzico di (auto)ironia la funzione "People" aprendo una riflessione su come essa possa contribuire effettivamente a migliorare l'esperienza di vita in azienda.
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Stefania Turra
Stefania Turra è una professionista in ambito HR che ha contributo nel ruolo di Business Partner e Project Leader in contesti produttivi e R&D. Il suo è uno pseudonimo nato per poter raccontare senza filtri e con un pizzico di (auto)ironia la funzione "People" aprendo una riflessione su come essa possa contribuire effettivamente a migliorare l'esperienza di vita in azienda.
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