Perché è importante avere un regolamento sullo smart working

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Lo smart working è un modello organizzativo capace di generare significativi vantaggi per le aziende che lo adottano consapevolmente. I benefici si manifestano sia in termini di aumento della produttività e del raggiungimento degli obiettivi, sia nel miglioramento del welfare aziendale e della qualità della vita dei lavoratori. Tuttavia, affinché questi benefici si concretizzino in modo equo ed efficace, è fondamentale dotarsi di un regolamento smart working: uno strumento che chiarisca diritti, doveri e modalità operative, garantendo coerenza tra flessibilità e struttura organizzativa.

Nonostante il suo potenziale trasformativo, il concetto di smart working è ancora oggi oggetto di confusione. Troppo spesso viene impropriamente assimilato al telelavoro o al lavoro da remoto adottato durante l’emergenza sanitaria, forme datate che rispondevano a logiche emergenziali più che a una visione strategica.

In questo articolo analizzeremo l’importanza di introdurre un regolamento di smart working strutturato, i benefici concreti che può apportare alle aziende e come possa contribuire a conciliare le esigenze di flessibilità dei lavoratori con le necessità operative delle organizzazioni.

Smart working: definizione e differenze

In Italia, la legge 81/2017 ha fornito una chiara cornice normativa allo smart working, definendolo come una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato “senza precisi vincoli di orario o luogo di lavoro, con l’ausilio di strumenti tecnologici e organizzato per fasi, cicli e obiettivi”. Si tratta di un modello che presuppone autonomia, fiducia e orientamento agli obiettivi, superando il tradizionale concetto di presenza fisica.

Ma qual è oggi la diffusione dello smart working nel nostro Paese? Secondo l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, nel 2024 il lavoro agile ha coinvolto circa 3,56 milioni di lavoratori, registrando una lieve flessione (-0,8%) rispetto al 2023, dovuta soprattutto al rallentamento tra PMI e Pubblica Amministrazione.

Tuttavia, è prevista una ripresa del 5,2% nel corso del 2025, a dimostrazione del fatto che lo smart working continua a rappresentare una leva strategica soprattutto per le grandi imprese e le micro realtà più dinamiche.

Questi numeri si innestano in un contesto ancora segnato dalla confusione generata dalla pandemia, durante la quale molte aziende hanno adottato in fretta soluzioni di home working più per necessità che per scelta consapevole. In quel periodo, l’assenza di un vero modello agile ha fatto emergere tutti i limiti di una gestione improvvisata, generando frizioni, inefficienze e disuguaglianze.

È proprio in questo scenario che si evidenzia l’importanza di dotarsi di un regolamento smart working: uno strumento fondamentale per trasformare la flessibilità in un vantaggio reale, condiviso e sostenibile, evitando che nuove modalità operative si traducano in caos organizzativo o in benefit riservati a pochi.

Il regolamento smart working come leva di equità e chiarezza

Per funzionare davvero, lo smart working non può essere lasciato al caso o alla sola discrezione dei singoli manager. Occorre una governance chiara, condivisa e trasparente. 

Il regolamento smart working risponde proprio a questa esigenza: è lo strumento che aiuta a  trasformare una serie di pratiche frammentarie in un vero modello organizzativo.

Attraverso regole esplicite e condivise, il regolamento crea le condizioni per uno smart working equo, efficace e sostenibile. Chiarisce i confini e le responsabilità, supporta la transizione verso modelli ibridi e tutelanti per tutte le persone. Non si tratta solo di norme tecniche, ma di un passaggio culturale e strategico che definisce un nuovo patto di fiducia tra azienda e lavoratori.

Nei paragrafi che seguono, vedremo come il regolamento possa incidere su sei ambiti strategici. Dalla definizione dei diritti e dei doveri, alla gestione delle aspettative. Dalla promozione del lavoro per obiettivi, all’organizzazione del modello ibrido. Fino alla tutela del benessere psicofisico e al sostegno dell’inclusività.

Formalizzazione dei diritti e dei doveri

Uno dei primi motivi per adottare un regolamento sullo smart working è la tutela di tutte le parti in gioco. Senza un framework formale, si rischiano disparità tra lavoratori, malintesi sugli orari di reperibilità, e difficoltà nell’esercizio del diritto alla disconnessione.

Dobbiamo tenere a mente che lo smart working non è solo una questione logistica, ma un patto organizzativo in cui le regole definiscono non solo dove, ma anche come si lavora.

Gestione delle aspettative e cultura organizzativa

Avere un regolamento significa chiarire le aspettative reciproche tra lavoratore e datore di lavoro: come vengono assegnati gli obiettivi? Qual è la policy per le trasferte o l’accesso all’ufficio? 

Un documento scritto consente di allineare comportamenti e cultura: i lavoratori sanno cosa aspettarsi, i manager dispongono di linee guida precise e l’azienda può promuovere uno stile di leadership coerente con i principi della fiducia e della responsabilizzazione.

Abilitare il lavoro per obiettivi

Un regolamento davvero efficace dovrebbe chiarire che lo smart working non è un benefit, ma un modello di lavoro basato su risultati. Questo sposta l’attenzione dalla sorveglianza alla valutazione delle performance. 

Il regolamento diventa quindi un abilitatore di nuove pratiche manageriali fondate su fiducia, trasparenza e autonomia.

Facilitare l’adozione del modello ibrido

Nel modello ibrido, che oggi rappresenta la realtà per molte aziende, il regolamento aiuta a coordinare la presenza in ufficio, gestire le risorse fisiche (ad esempio sale riunioni e desk sharing), e definire le logiche di utilizzo e prenotazione degli spazi. 

L’assenza di regole rischia di creare squilibri e frizioni: aree affollate o inutilizzate, confusione sui giorni di presenza, tensioni all’interno dei team rispetto a come sono organizzati.

Tutela della salute psicofisica

Come dimostrato da numerose ricerche, la qualità dell’ambiente lavorativo (sia fisico che digitale) ha un impatto diretto sul benessere dei dipendenti. Uno smart working mal gestito può portare a burnout, isolamento, ansia da connessione continua.

Inclusività e personalizzazione

Uno dei valori dello smart working è sicuramente la possibilità di adattarsi a diversi “workstyle”, cioè alle esigenze personali e professionali di ciascun lavoratore. 

Il piano di smart working può quindi diventare uno strumento per garantire equità e inclusione, ad esempio prevedendo forme specifiche di flessibilità per genitori, caregiver o persone con disabilità.

Le componenti fondamentali di un regolamento di smart working efficace

Un regolamento completo dovrebbe includere:

  • Finalità: chiarire che il lavoro agile è una modalità ordinaria, non emergenziale;
  • Accesso e requisiti: chi può aderire, con quali modalità;
  • Tecnologie e sicurezza informatica: strumenti forniti, misure di protezione;
  • Formazione: percorsi obbligatori per dipendenti e manager;
  • Salute e sicurezza: autocertificazione della postazione domestica, supporti ergonomici;
  • Valutazione delle performance: obiettivi e criteri di monitoraggio;
  • Rientro e alternanza: regole di presenza in ufficio;
  • Diritto alla disconnessione: fasce di reperibilità, tempi di inattività.

Il regolamento di smart working come fondamento del futuro del lavoro

Come abbiamo visto, Il regolamento smart working è il primo passo per dare struttura e coerenza a un cambiamento profondo. Definisce un quadro chiaro e condiviso entro cui persone e spazi possono evolvere in modo integrato e sostenibile.

In Workitect affianchiamo le organizzazioni lungo questo percorso, supportandole nella costruzione di un piano di smart working completo.

Un approccio che parte dall’analisi e dall’ascolto delle reali esigenze organizzative, si sviluppa attraverso momenti di co-costruzione con il management e si traduce in soluzioni personalizzate, in grado di bilanciare le esigenze delle persone con quelle dell’organizzazione, favorendo un equilibrio sostenibile tra benessere, risultati e cultura aziendale.

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Luca Brusamolino
Co-founder di Workitect e smart working expert. Dal 2016 si occupa di consulenza alle aziende nei processi di workplace change e nell’introduzione dello smart working. Docente di Master di Secondo Livello in HR c/o LUM, tiene seminari presso diverse Università italiane.
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Luca Brusamolino
Co-founder di Workitect e smart working expert. Dal 2016 si occupa di consulenza alle aziende nei processi di workplace change e nell’introduzione dello smart working. Docente di Master di Secondo Livello in HR c/o LUM, tiene seminari presso diverse Università italiane.