Alluminio, il materiale chiave per l’architettura e la transizione energetica

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Quando l’Unione Europea e gli USA hanno iniziato a imporre sanzioni alla Russia per l’invasione dell’Ucraina si sono guardati bene da escludere un prodotto di cui i russi sono grandi esportatori: l’alluminio.

L’alluminio è il materiale che tiene insieme la vecchia e la nuova economia. È indispensabile per l’architettura moderna, dalle case agli uffici, ma anche per la transizione energetica: dalle turbine eoliche ai telai dei pannelli solari, all’involucro della batteria delle auto elettriche. “Viviamo in un mondo d’alluminio” ha scritto il giornalista esperto di clima Ferdinando Cotugno, sottolineando che di questo metallo ne avremo bisogno per 360 milioni di tonnellate da qui al 2030. E non si rispetta l’Accordo di Parigi sul contenimento del surriscaldamento globale senza l’impiego di questo elemento.

La Russia, prima della guerra, forniva ai paesi europei 1,3 degli 8 milioni di tonnellate di alluminio necessari per realizzare un po’ di tutto, dai treni alle lattine delle bibite. Quello importato dai russi è un materiale primario a basso contenuto di emissioni, perché prodotto sfruttando le centrali idroelettriche sui fiumi siberiani. Essendo un metallo energivoro, dalla fine degli anni Novanta i Paesi a economia avanzata ne hanno appaltato la produzione alla Cina, dove l’energia era a buon mercato. Di conseguenza, la Cina è progressivamente diventato il primo produttore globale coprendo il 60% di un fabbisogno che cresce in materia esponenziale. Tanta domanda che nel 2021 il prezzo dell’alluminio alla Borsa di Londra è passato da 1.800 dollari alla tonnellata a 2.900, per schizzare a 3.500 a seguito del conflitto ucraino. 

Dicevamo dell’impiego nella green economy ma, paradossalmente, ogni anno questa produzione è responsabile di tante emissioni quanto quelle di un grande Paese europeo industrializzato. Il 2,5% delle emissioni globali viene proprio dal processo di trasformazione che dalla bauxite porta all’ossido di alluminio e poi all’alluminio primario, pronto ai suoi molteplici usi in ambito industriale. Se i due terzi della produzione mondiale ha luogo in Cina – e i cinesi impiegano il carbone per alimentare l’industria metallurgica nazionale – si capisce quanto devastanti siano le emissioni del settore.

Un dilemma da cui si può uscire solo con una metallurgia che impiega le fonti rinnovabili. E qui entra in gioco la russa Rusal, l’unica impresa in grado di competere con le grandi aziende statali di Pechino, che, con i suoi sette mega impianti in Siberia, fornisce un alluminio cinque volte meno inquinante di quello cinese.

Insomma, per decarbonizzare l’economia si scava e si emettono ancora più emissioni

La bauxite è, così, nella Lista europea dei critical raw materials, ovvero l’elenco dei minerali e terre rare che l’Unione Europea ha classificato per importanza economica, tecnologica e sostenibilità di approvvigionamento. La “criticità” è un concetto mobile, che cambia nel tempo secondo le condizioni del mercato e il progresso tecnico, ma resta il fatto che nel 2010 a Bruxelles si sono svegliati e resi conto che ci sono materie prime delle quali non si possiedono giacimenti tali da garantire la domanda nei vari utilizzi strategici. Inizialmente composta da 14 elementi, l’ultimo aggiornamento della lista nel 2020 ne prevedeva più del doppio, ben 30. Vi troviamo tra gli altri il cobalto, il magnesio, il fosforo, il litio, il tungsteno, il titanio e appunto la bauxite come new entry. Rilevanti giacimenti di bauxite, oltre a quelli di Russia e Cina, sono presenti in India e Australia, spesso in mano a un’altra controversa multinazionale: l’inglese Rio Tinto. In Europa la si estrae principalmente in Croazia, Ungheria e nel sud della Francia. L’unico sito minerale del Bel Paese, invece, è in Sardegna. 

Il settore legato alla trasformazione dell’alluminio è decisamente rilevante per l’industria italiana: con ben 500 imprese censite, è secondo solo a quello tedesco. Ovviamente, la bauxite si trova nella Lista dei materiali critici essenziali per il fabbisogno dell’economia nazionale redatta dall’Università Milano Bicocca. Secondo lo studio, tra le materie prime “strategiche” per l’Italia troviamo pure oro, argento, rame, nichel, zinco, titanio, manganese e vari platinoidi impiegati nel settore automobilistico.

In conclusione, l’alluminio – numero 13 nella tavola periodica degli elementi – è la cartina di tornasole dei tempi che stiamo vivendo. Questo articolo vuole essere uno spunto di riflessione sulla necessità di bilanciare la transizione energetica con i rischi collegati all’estrazione e al commercio dei “materiali critici”.

Tensioni geopolitiche e sostenibilità ambientale ci sottopongono un ulteriore problema, all’interno della sfida alla decarbonizzazione dell’economia, per il quale ancora non conosciamo la soluzione.

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Francesco Sani
Giornalista Pubblicista laureato in Sociologia all'Università di Firenze. È Direttore della rivista Firenze Urban Lifestyle e collabora con altri magazine e blog su temi attinenti Cultura, Ambiente e Società. Scrive e ha scritto per Il Fatto Quotidiano, Smart Working Magazine e Artribune.
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Francesco Sani
Giornalista Pubblicista laureato in Sociologia all'Università di Firenze. È Direttore della rivista Firenze Urban Lifestyle e collabora con altri magazine e blog su temi attinenti Cultura, Ambiente e Società. Scrive e ha scritto per Il Fatto Quotidiano, Smart Working Magazine e Artribune.
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