Ambiente fisico vs. ambiente virtuale. La socialità del luogo di lavoro nell’era dello Smart Working

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La socialità del luogo di lavoro nell’era dello Smart Working

Se un tempo i manager scoraggiavano le interazioni casuali e informali etichettandole come elementi di distrazione dal lavoro, oggi sappiamo che la possibilità di incontri e conversazioni in ufficio favoriscono la cooperazione l’innovazioneoltre che il senso di coinvolgimento e di appartenenza verso l’organizzazione, fattori cruciali per la produttività dei lavoratori della conoscenza.

Gli spazi di lavoro vengono ripensati e ridisegnati di conseguenza ma con la tendenza alla smaterializzazione parziale del luogo fisico di lavoro nascono grandi sfide per le organizzazioni: ricreare occasioni di incontro casuale e di socializzazione anche al di fuori delle mura dell’ufficio per gli smart workers e affrontare il rischio di isolamento e di asocialità per le persone che lavorano per gran parte del loro tempo virtualmente.

Un interessante contributo sul tema ci arriva dallo studio di Anne-Laure Fayard e John Weeks pubblicato sulla Harward Business Review in cui, partendo dal luogo fisico di lavoro, si analizzano quali siano i fattori che favoriscono le interazioni casuali cercando di capire come essi siano applicabili e come valgano anche nell’ambito virtuale.

Prossimità

Le persone spesso pensano che la prossimità sia pura funzione di un fattore fisico, ma sebbene la distanza sia un elemento molto importante, le interazioni informali sono influenzate più dal mix di aspetti sociali, psicologici e funzionali. Difatti, la centralità fisica è spesso meno importante della centralità funzionale e la prossimità, che permette incontri casuali, si raggiunge mediante un sistema di circolazione interna e con la creazione diffusa di spazi condivisi, tenendo presente come componente cruciale la “geografia sociale” dello spazio.

In uno spazio fisico quindi, le persone si incontrano casualmente nel corridoio mentre camminano verso l’area break, o al mattino sulle scale mentre entrano in ufficio; interagiscono, socializzano e formano una comunità.

Come si possono replicare in un ambiente virtuale questi incontri casuali così fondamentali per l’organizzazione? Come si fa a promuovere la prossimità virtuale?

Prendendo l’esempio dal ruolo che hanno nella vita quotidiana delle persone, le applicazioni “social” come Facebook e Yammer o istant messaging come Skype possono aiutare a creare una prossimità virtuale e a replicare incontri casuali e senso di comunità. Inoltre il web 2.0 può essere lo strumento adatto a sostituire, attraverso sistemi di social learning, l’apprendimento tacito (mentoring) dato dalla vicinanza e dalla prossimità nei luoghi fisici di lavoro.

La questione è però articolata e complessa e non è sufficiente permettere ai dipendenti di utilizzare facebook per creare senso di comunità, ridurre il senso di isolamento e facilitare discussioni informali. Come per lo spazio fisico di lavoro, senza una strategia organizzativa a supporto il rischio può essere quello di un utilizzo improprio, del sovra-utilizzo o del completo inutilizzo di questi “luoghi di condivisione virtuale”.

Privacy

Il giusto equilibrio tra condivisione e privacy risulta cruciale per la realizzazione di luoghi di lavoro che favoriscano un elevato livello di comunicazione informale. Le persone, per comunicare in modo sereno e spontaneo devono avere la possibilità di non essere ascoltati da individui esterni alla conversazione; in effetti il rischio di progettare uffici aperti senza tenere conto di questo aspetto è di peggiorare la comunicazione anziché stimolarla. Occorre quindi creare spazi ausiliari adibiti a conversazioni private o utilizzare divisori con materiali fonoassorbenti.

Affrontando invece il tema della privacy virtuale, il fatto che l’azienda possa monitorare i dialoghi online e archiviare le conversazioni dei propri dipendenti diminuisce la propensione dei dipendenti all’utilizzo di canali virtuali di comunicazione. Anche in questo caso è importare creare il giusto equilibrio tra la necessità di controllare le comunicazioni da parte dell’azienda e la necessità di privacy dei dipendenti, fondamentale per creare fiducia e collaborazione. L’organizzazione, per mitigare questo dilemma può comunicare le policy aziendali che riguardano chi, e in quale circostanza possa avere accesso a queste informazioni riservate.

Inoltre, nel caso di utilizzo di sistemi di instant messaging, l’utilizzo dei diversi status può essere d’aiuto per migliorare il livello di privacy ma mantenere la prossimità; ad esempio lo status disponibile può simulare la porta aperta dell’ufficio, lo status pausa può avvisare che si è maggiormente predisposti a conversazioni informali, e lo status occupato può inibire qualsiasi tipo di comunicazione simulando la porta chiusa di un ufficio privato.

Possibilità/Permesso

La possibilità o permesso riguarda l’interazione tra lo spazio fisico e la cultura aziendale. Uno spazio può essere progettato per facilitare al meglio la comunicazione e la socializzazione ma se non si affiancano pratiche organizzative e prassi che ne favoriscano l’utilizzo la sua efficacia sarà fortemente minata. Poniamo ad esempio un ufficio dotato di un’ampia e confortevole sala break, con tavolini e sedie per prendersi un caffè e rilassarsi; l’obiettivo di uno spazio del genere dovrebbe essere quello di favorire gli scambi informali e la socializzazione, se però il management nella vita lavorativa di tutti i giorni cronometrasse le pause dei propri collaboratori, ne limiterebbe di fatto l’utilizzo. Il permesso è connesso quindi con la cultura aziendale, le convenzioni e gli esempi dei “leader” oltre che con lo spazio fisico di lavoro.

Stessa cosa riguarda il permesso in un’ottica di comunicazione virtuale; la prassi e la possibilità di utilizzare dei canali di comunicazione lavorativi anche con scopi di carattere informale aiuterà la creazione di interazioni colloquiali. Pensiamo ad esempio l’utilizzo della mail aziendale per organizzare la partita settimanale di calcetto o creare un forum con vari argomenti non lavorativi sulla intranet aziendale.

Non è facile combinare prossimità, privacy e permesso e integrare spazio fisico e spazio virtuale per facilitare la socializzazione e gli scambi informali; ancora una volta ci preme sottolineare che occorre affrontare il tema dello smart working con un approccio multidisciplinare e di cambiamento culturale.

Luca Brusamolino
Luca Brusamolino
Co-founder di Workitect e smart working expert. Dal 2016 si occupa di consulenza alle aziende nei processi di workplace change e nell’introduzione dello smart working. Docente di Master di Secondo Livello in HR c/o LUM, tiene seminari presso diverse Università italiane.
Luca Brusamolino
Luca Brusamolino
Co-founder di Workitect e smart working expert. Dal 2016 si occupa di consulenza alle aziende nei processi di workplace change e nell’introduzione dello smart working. Docente di Master di Secondo Livello in HR c/o LUM, tiene seminari presso diverse Università italiane.
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