Decreto Ristori e bonus autonomi: “Se potessi avere mille euro al mese”

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Alla fine degli anni trenta (del secolo scorso) un motivetto foxtrot scritto da due brillanti penne delle musica, Carlo Innocenzi e Alessandro Speranzi, imperversava nell’intera penisola   grazie alla gradevolissima voce di Gilberto Mazzi (ed anche, per dovere di cronaca, del successivo e omonimo film interpretato dalla intramontabile Anita Valli).

La canzone incisa su un tanto gracchiante quanto affascinante 78 giri rispecchia il sincero, genuino e forse un po’ ingenuo desiderio di realizzarsi con una somma che, all’epoca, risultava essere più che dignitosa.

Nel testo della canzone ci sono continui richiami al “Lavoro” (quello fondante che nella nostra Carta Costituzionale – entrata in vigore circa dieci anni dopo –  è stato inserito all’art. 1) come realizzazione dell’individuo (“… se un posticino domani…  io troverò”), come legittima e dignitosa aspirazione (“…un modesto impiego, io non ho pretese”) per potere essere felici (“…voglio lavorare per poter al fin trovare tutta la tranquillità…”), risultando evidente che la “soluzione” (all’epoca) non potesse che passare “attraverso” un impiego (seppure non esattamente coincidente con le proprie aspirazioni).

Oltre al testo non è da sottovalutare l’arrangiamento, ad opera di Pippo Barzizza (uno che ha diretto e dato un’Anima all’Orchestra Cetra per intenderci) che ha picchettato di swing l’intero motivo musicale offrendogli un’espressione allegra, tanto da chiudere la prosa in senso positivo, in quanto anche se non arrivasse “l’eredità d’un zio lontano” (e, quindi, una soluzione fortunata e poco faticosa) il tutto si risolverebbe con un ottimistico “ricanto” del “ritornello” e, quindi, ribadendo esponenzialmente ed all’ennesima potenza la centralità del Lavoro.

Oggi, a distanza di circa un secolo, stiamo parlando delle stesse mille lire (…ops, Euro)? Forse no.

Se (magari) sotto il profilo economico le mille lire di allora possono avvicinarsi ai mille euro di oggi, la distanza diviene sideralmente più ampia se si considera il “senso” di questo importo.

Quello che anche alcuni sociologhi stanno rilevando è che non è più il “Lavoro” l’elemento centrale della nostra Società e, soprattutto, lo strumento di realizzazione di Noi stessi, in quanto viviamo nell’epoca dell’ “ozio creativo” e, cioè, di un “felice stato di grazia nel quale il lavoro, lo studio e il gioco vengono a coincidere”.

De Masi, il padre di queste ultime parole nel suo nuovo libro sullo Smart Working (testo peraltro che oltre che di lavoro agile parla soprattutto del nostro presente ma ancor di più del nostro futuro), vede in questo un’occasione, o meglio necessità, di “ozio creativo” determinato dallo sviluppo delle nuove tecnologie, una sorta di “liberazione” dell’uomo (a mio avviso con alcune similitudini rispetto a quanto ritenuto da Marx su altri aspetti della vita). Tutto ciò porterebbe necessariamente arrivare all’adozione del principio “Lavorare meno, lavorare tutti”.

E se, utilizzando sempre le parole di De Masi in riferimento allo Smart Working, la pandemia Covid ha determinato la possibilità di fare un “seminario a tempo pieno”, questo seminario ha certamente avuto ad oggetto anche l’adozione di alcuni provvedimenti legislativi che (giusti o sbagliati che siano) vanno in un’ottica di stampo universalistico.

Se infatti, soprattutto in Italia, ci eravamo abituati ad una prevalenza di provvedimenti legislativi “dedicati” al “lavoratore” in quello che, per dirla come i previdenzialisti, definisce un modello bismarkiano, il mutamento di rotta legislativa (la cui prima e più forte strambata è stata determinata, a mio avviso, dal reddito di cittadinanza) diventa ancora più evidente – e in un certo senso fa le “prove generali” di messa a punto –  con i provvedimenti normativi adottati in regime dell’emergenza che hanno un sapore tipicamente assistenzialistico e beveridgiano.

Non è più il “lavorare” l’elemento distintivo per avere un riconoscimento di tutela, ma lo è il semplice fatto di essere un “cittadino” e, proprio in quanto tale, meritevole di assistenza anche (e soprattutto) in quanto “non lavoratore”.

La nuova tranche di pagamento di mille euro dell’ultimo decreto Ristori si pone, a mio avviso, in quest’ottica rivolgendosi formalmente in favore dei “lavoratori” stagionali del turismo, degli stabilimenti termali e dello spettacolo, oppure  dei “lavoratori” intermittenti o ancora di “altre categorie” di “lavoratori” autonomi, ma che in realtà si sostanza in un provvedimento che sembra più essere un sussidio (un ristoro appunto per concreta “ammissione”)  piuttosto che una indennità per il momentaneo stato di disoccupazione.

Probabilmente Innocenzi e Speranzi avrebbero, oggi, scritto una canzone diversa, e qualche anno dopo un altro grande musicista, Daniele Silvestri, ben prima della pandemia aveva intuito che “Se potessi avere 1.000 Euro al mese… è sempre una salita… Dovrò dosare la fatica… Sognando di riuscire, un giorno, a fare ricevuta… E non è piccola la sfida querida… Disperso in questo angolo d’europa unita… è il solito miracolo che svolta la giornata…”, capendo quindi che il Lavoro era qualcosa di sempre più distante dalla nostra società.

Forse, quindi, ci dovremo abituare a vivere il Lavoro in modo diverso e adottare soluzioni di politica economica che tengano presente di questo cambio di rotta, cercando di distribuire al meglio le ricchezze e offrendo ai cittadini/lavoratori sussidi trasversali che possano aiutare a cercare “la felicità” anche con meno lavoro.

Picture of Sergio Alberto Codella
Sergio Alberto Codella
Avvocato da sempre interessato al diritto del lavoro, della previdenza sociale e sindacale. Da circa vent’anni svolge attività di natura giudiziale e consulenziale in favore di società e manager. É segretario generale della AIDR Associazione Italian Digital Revolution.
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Sergio Alberto Codella
Avvocato da sempre interessato al diritto del lavoro, della previdenza sociale e sindacale. Da circa vent’anni svolge attività di natura giudiziale e consulenziale in favore di società e manager. É segretario generale della AIDR Associazione Italian Digital Revolution.
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