JOB TRIP_#12 Intervista ad Alessandro Donadio

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Ciao Alessandro ti chiedo gentilmente di presentarti e di raccontarmi della tua realtà lavorativa. Di cosa ti occupi?  Fai finta di star parlando con un bambino curioso piccolo esploratore alla ricerca del lavoro dei suoi sogni…Cosa gli racconteresti?

Classe 1972, papà di due figli, quindi ho esperito anche un’altra scuola della vita insegna tante cose, che è la famiglia.

Come hai potuto notare, ho un passato da musicista e un presente da appassionato della musica, la musica è uno dei fattori principali, un talento sul quale ho lavorato tanto per portarne anche le peculiarità nel mondo del lavoro.

Dal punto di vista professionale, invece, sono Partner di una società di consulenza chiamata EY e, all’interno della Business Line “People Advisory Services”, mi occupo di affiancare gli HR nel ridisegnare i processi prevalenti e sono chiamato soprattutto nel momento in cui vi sono momenti di forti transizioni come quest’anno; anche in passato abbiamo lavorato su progetti di Smart Working, Employer Branding, sulla costruzione di Employee Values Proposition e, ancora, modelli di perfomance per valutare le persone e modelli di formazione per migliorare la Learning Experience.

In aggiunta, ho un’attività autorale e difatti sono al mio quarto libro; due libri sono stati scritti con Franco Angeli (HRevolution e Smarting Up) in cui cerco di far divulgazione su temi di HR e organizzazioni pensati al mondo odierno con intersezioni tecnologiche, cercando di parlare alle nuove generazioni e cercando di posizionare il ruolo HR nel modo più innovativo possibile.

Quali sono stati gli eventi più significativi della tua carriera? Prova a ripercorrere la tua strada e a raccontarci cosa ti ha portato fino a qui…

Ci sono alcuni eventi fortuiti ma, dopo di che, la vita mi ha insegnato che le occasioni possono passare ma se non le afferri diventa un problema. 

La mia prima occasione è stata quella di entrare in un’organizzazione che è partita con 13 dipendenti e che, dieci anni dopo, ne aveva 4900; sono entrato nella funzione del Personale dopo un anno dall’assunzione e ho visto tutto perché tutti i processi fondamentali si sono attivati proprio mentre l’organizzazione cresceva e quindi ho dovuto costruire qualsiasi cosa rispetto ai primi processi di Recruiting, le prime Job Analysis, i primi modelli di Perfomance, abbiamo creato la prima Business School. 

Per questi motivi, questo è stato uno dei nodi più importanti all’interno della mia carriera professionale 

Il secondo momento è stato l’uscita da quell’organizzazione perché siamo stati acquistati e, a quel punto, trovandomi in una posizione apicale ho dovuto gestire anche tanti licenziamenti e alla fine di questo processo non trovavo più lo spazio all’interno di quella realtà lavorativa. Allora, ho deciso di entrare in consulenza nella quale sono ormai da 12 anni. 

Questo è stato un altro punto di svolta molto importante, perché ricoprire il ruolo di consulente è molto diverso dal fare il manager all’interno di un’azienda: se prima per comprare consulenza avevo i miei criteri e requisiti, poi la consulenza dovevo venderla sapendo che avrei trovato difronte dei manager che avrebbero opposto le stesse obiezioni che avevo io al loro posto. Tuttavia, questa conoscenza l’ho sfruttata sapendo come ragionano i manager e in questa stessa circostanza avevo delle intuizioni circa i cambiamenti che avvenivano nel mondo: nel 2007/2008 il digitale ormai era pervasivo nel mondo del marketing e stava per arrivare qualcosa di nuovo anche in termini di processi HR e mondo della formazione. 

All’epoca mi occupavo, come consulente HR, di formazione e ho iniziato a costruire un’offerta parallela: facevo utilizzare Whatsapp per fare gruppi di lavoro interattivo, ho iniziato a studiare le prime piattaforme per creare community di lavoro all’interno dell’organizzazione, ho cominciato ad immaginare modelli di formazione a distanza. 

A quei tempi eravamo in pochi e, in pratica, ciò che facevo era studiare tanto, sperimentare allo stesso modo ed è andata abbastanza bene; in seguito, una società grande ha comprato la società piccola in cui comprando anche un po’ del mio mercato ma, soprattutto, dei modelli formativi che avevo predisposto.

Il terzo momento importante, da cui poi è derivato tutto il resto, è stato scrivere Hrevolution.

Io avevo già scritto due libri, di cui uno sul change management e uno chiamato “The Human Side of Digital” e in tutti e due i casi si è trattato di libri divulgativi; al contrario con Hrevolution ho concretizzato anche molti progetti svolti nei precedenti anni, ho iniziato a decostruire un po’ l’idea di organizzazione tradizionale e nel 2013/2014 non c’era troppe esperienza di questo tipo. Il libro è uscito nel 2017, in un periodo fortunoso perché il mondo HR, nel frattempo, è cambiato e si è evoluto dal punto di vista del digitale. 

Questo è stato il mio turning point professionale perché tutto ciò che è successo negli anni deriva da quella visibilità che ho raccolto grazie al libro; gli anni precedenti sono stati una grande gavetta, poi tutto è cambiato e sono arrivate anche delle offerte lavorative in grosse società di consulenza come Pwc e adesso EY. 

Quindi posso dire che il libro è stata davvero la mia svolta, il mio progetto di Personal Branding.

La social reputation riveste un’importanza fondamentale nella ricerca del lavoro e nella costruzione di un network proficuo. Prova a metterti nei panni di un giovane: come riuscire a catturare l’attenzione del target scelto, attraverso il Personal Branding? Quali consigli possono risultare utili per sfruttare questo strumento?

Secondo me le dimensioni sono due: la partecipazione e la proposta proattiva. 

Per quanto riguarda la prima, se un giovane ha un target di contenuto dovrebbe cercare di avvicinare gruppi/community in cui si parla di argomenti utili rispetto al proprio target. Questo bisogna farlo perché una community è circoscritta e restringe il campo rispetto alla vastità di argomenti che si trattano su Linkedin: qui si inizia ad entrare in un ambito tematico ben preciso e quindi è necessario imparare, leggere, parlare con le persone e poi proporre il proprio punto di vista rispetto a ciò che si sta facendo. 

Invece, con la seconda dimensione mi riferisco alla proattività in termini di contenuto: il fatto è che se sei in questo mare, bisogna non restare nel buio perché altrimenti nessuno ci noterà mai. Quindi bisogna capire dove è possibile esprimere il proprio punto di vista, ad esempio con un post, con un articolo letto inserendo una domanda per attirare conversazione…e in questo la differenza viene fatta dal ritmo, dalla costanza che ci si mette. 

In conclusione, partecipare per essere all’interno delle comunità professionali e formarsi ma con un po’ di spirito di proattività … anche un giovane ha temi da trattare, per esempio come voi vivete il mondo del lavoro.

Siamo di fronte ad uno scenario in continua trasformazione senza tempo: secondo te, quali sono le opportunità che i giovani devono e possono cogliere da questi continui cambiamenti? Come riuscire a gestirli attivamente?

Innanzitutto, bisogna conoscersi bene e fare una riflessione con sé stessi e comprendere ciò che si vuole, in che ambito si vuole lavorare (scelta A e B) e quando le proposte arrivano bisogna effettuare qualche ricerca sull’azienda, approfondire con chi ti sta facendo selezione o con chi ha già lavorato in quella realtà, non aver paura di fare delle domande scontate. In questo caso, per esempio, si possono usare i social per capire la mission dell’azienda e per capire se è il posto che si sta cercando. 

A livello generale, per comprendere come si evolve il mondo del lavoro ci sono delle ottime fonti da seguire e che io stesso leggo: le grandi multinazionali della consulenza postano dei report sugli scenari lavorativi futuri (marketing, operations..) e si tratta di studi Global molto interessanti che ci permettono di testare la nostra prontezza a rispondere al mercato del lavoro e da qui migliorare. 

Un’azienda che posta report annuali a livello italiano è Adecco, un’altra importante fonte è il Politecnico con i tanti Osservatori che ha. 

È importante informarsi con un po’ di metodo.

Adesso ti propongo di lasciare questa rubrica con un consiglio, in risposta a qualcosa che non ho avuto modo di chiederti, o un augurio per i giovani che si affacciano a questo mondo lavorativo in progress…

Questo è un anno difficile per dare consigli solidi perché il punto di vista sul futuro, anche a breve termine, è un punto di vista troppo liquido. 

Tuttavia, io ho capito una cosa intimamente oltre che intellettualmente: noi da soli non andiamo da nessuna parte. Bisogna creare delle relazioni stabili e questo è il vero asset del futuro, qualcuno aiuterà a te e viceversa. 

Se cambia lo scenario, non abbiamo altre risorse che le relazioni che ci tengono insieme. 

Questo è un consiglio che davo già prima, ma oggi ha una valenza ancora più forte.

Leggi la precedente intervista di Job Trip a Francesca Contardi.
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