Una mia vecchia amica, collaboratrice di una multinazionale francese con una sede in Toscana, si lamenta che a settembre è in programma il rientro in ufficio con lo smart working concesso un giorno a settimana, come da regolare vecchio contratto pre-pandemia.
In questa realtà lo smart working regolamentato lo hanno introdotto da alcuni anni già, il lockdown nel 2020 non li ha colti di sorpresa, ma adesso sembra che tutto stia tornando come prima.
<<Chiederemo al sindacato di proporre almeno due giorni a settimana – mi racconta – perché dopo un anno e mezzo da remoto dove tutto è andato bene e i risultati sono stati raggiunti, come se non ci fosse stata la pandemia, è impensabile tornare indietro. Sarebbe la perdita dell’esperienza di questi mesi. Un solo giorno di smart working a settimana è come se il management non avesse fiducia nei dipendenti, ormai non possiamo tornare a lavorare con le solite modalità di sempre>>.
Davvero strano, rifletto. Poi nella mia rete di LinkedIn mi imbatto in questo topic e approfondendo la questione scopro che le lamentele nei commenti ai post sono più diffuse di quello che pensassi. La polemica investe gli HR che vogliono far tornare i dipendenti in ufficio. Qualcuno assolve gli HR – loro prendono ordini dal management – quindi le direttive vengono dai manager “restauratori”. Qualcun altro ribatte che sì, le Risorse Umane rispondono al vertice aziendale, ma sono ugualmente colpevoli per non aver riportato i risultati raggiunti con lo smart working totale e nonostante la pandemia. Dove sta la colpa?
Non abbiamo ancora perdonato il sindaco di Milano Beppe Sala per quella sfortunata uscita la scorsa estate – in cui il ritorno in ufficio era un’invocazione a tornare a lavorare – che ci troviamo nel 2021 a fare il processo alle intenzioni alla cultura manageriale consolidata. Ma davvero a settembre torniamo tutti in ufficio come gli studenti tornano a scuola?
A giugno, con il termine dell’emergenza sanitaria negli USA, a Apple hanno richiamato i collaboratori in ufficio e un gruppo di dipendenti ha scritto una lettera a Tim Cook: se ci togli lo smart working noi ci licenziamo! Il manipolo di ribelli della big tech di Cupertino ha sentenziato: “Over the last year we often felt not just unheard, but at times actively ignored.”
Il messaggio, pubblicato su tutte le principali testate d’informazione americane, concludeva: “[…] vorremmo cogliere l’occasione per comunicare una preoccupazione crescente tra i nostri colleghi. La politica di Apple sul lavoro flessibile in remoto e la comunicazione intorno ad essa, hanno già costretto alcuni dei nostri colleghi a smettere. Senza l’inclusività che la flessibilità porta, molti di noi sentono di dover scegliere tra combinare le nostre famiglie, il nostro benessere e l’essere autorizzati a fare il nostro lavoro migliore, o far parte di Apple”.
Ora chi ha nel curriculum un’esperienza a Apple forse si può permettere certe ripicche e non dovrebbe aver bisogno di penare molto per trovare un nuovo lavoro nella California dell’high tech… Ma non è finita qui.
Bloomberg News ha intervistato diversi lavoratori che hanno detto addio al vecchio lavoro una volta messi di fronte all’imperativo di tornare alla scrivania. Poi ha approfondito con una ricerca: oggi negli Stati Uniti, su un campione di 1.000 adulti il 39% ha affermato di considerare il licenziamento se i capi non saranno flessibili sullo smart working.
C’è una differenza generazionale rilevata: la percentuale era più alta tra i Millennials e la Generazione Z, dove arrivava al 49% in questa fascia d’età, più bassa tra gli Over 40.
Evidentemente tra i 20 e i 30 anni c’è meno pressione dal dover portare lo stipendio a casa, ma il dato è significativo perché il mercato del lavoro si sta “europeizzando” anche negli iper flessibili States, cioè non è così facile trovare un nuovo impiego.
Ad ogni modo, voglio qui registrare il fatto oggettivo: molti dipendenti sono pronti a far valere i diritti della nuova normalità, quella lontana dai ritmi frenetici dell’era pre-pandemia SarsCoV2, fino al sacrificio della carriera. Qualcuno, ai vertici, dovrà prenderne atto. Nel frattempo, l’augurio ai manager di buon rientro al lavoro!