Gli spazi di lavoro del futuro? Inclusivi, sostenibili e smart

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Coloro che hanno partecipato all’ultimo webinar di Workitect avranno sentito parlare di Green Office Revolution, ovvero l’importanza del design sostenibile nell’ambiente di lavoro e il suo impatto positivo nella creazione di spazi più ecologici e salutari. I luoghi sono strettamente legati al benessere delle persone e un’azienda smart ne deve necessariamente tenere di conto. Oramai abbiamo un po’ ovunque open space progettati ed allestiti oltre 20 anni fa e quindi non più attuali. Stefano Zaccaria, marketing director di Toyota Material Handling Italia, una volta mi ha detto:

<<Quello che serve sempre più è la capacità di intercettare la pausa, non la intendo solo come momento ricreativo, bensì di silenzio o stimolo, perché molti mestieri hanno la creatività e l’intuizione come elemento fondamentale>>. 

Tradotto nel nostro ambito significa che senza creatività l’azienda non si riesce a distinguere, a meno che non abbia scelto di essere competitiva solo sul prodotto, ma questo è un’altra questione. 

Nel mio curriculum ho esperienze in realtà molto diverse tra loro ma raramente ricordo di aver veramente gradito “l’ufficio”. Se posso permettermi, dopo esser sopravvissuto a loculi, magazzini riadattati con le scrivanie, open space ma con le spalle alla finestra e altre cupezze, preferirei aziende che hanno una vocazione alla distinzione, perché sono quelle che hanno intrapreso il ripensamento dei loro spazi di lavoro in un’ottica intelligente. 

Dove NON ho sperimentato il tanto citato, anche a sproposito, “benessere” (“vai a lavorare mica a divertirti, altrimenti non ti pagherebbero”…)? In quelle aziende orientate tendenzialmente a misurarsi solo sui risultati più basici: fatturati, margini, clienti, ecc. Ma come si fa ormai a fare impresa senza tenere di conto della soddisfazione dei collaboratori e, quindi, della restituzione di qualcosa all’ambiente che ti ospita?!

Kurt Cobain in ufficio

Qualche anno fa collaboravo con un’agenzia pubblicitaria dove ero un quarantenne in mezzo ai ventenni. Nel mio ufficio portai un celebre ritratto di Kurt Cobain realizzato dal noto fotografo pubblicitario Michael Lavine. Con i miei giovani colleghi che conoscevano i dischi dei Nirvana – ma non ne possedevano fisicamente nemmeno uno, avevano tutto su Spotify! – nacque una discussione sull’ambiente che condividevamo. Mi resi conto che i talenti si vogliono riconoscere nello spazio di lavoro, dove tendono a ricercare immediatamente i momenti di condivisione, di ricreazione o di formazione. Si aspettano aziende tecnologiche, smart e anche un po’ patinate; non si immaginano però l’esatto contrario, che è purtroppo spesso la realtà: ambienti non accoglienti, momenti di ricreazione assenti, gruppi di lavoro che non hanno spazi. 

Oggi qual è il compito di Workitect, dopo anni che abbiamo dato lo smart working come una realtà assodata e non più una rivoluzione organizzativa? Progettare ambienti di lavoro sostenibili che possano influenzare positivamente le persone, magari favorendo pure la produttività e scelte di design che favoriscono la sostenibilità oltre al racconto affascinante dell’azienda.

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Francesco Sani
Giornalista Pubblicista laureato in Sociologia all'Università di Firenze. È Direttore della rivista Firenze Urban Lifestyle e collabora con altri magazine e blog su temi attinenti Cultura, Ambiente e Società. Scrive e ha scritto per Il Fatto Quotidiano, Smart Working Magazine e Artribune.
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Francesco Sani
Giornalista Pubblicista laureato in Sociologia all'Università di Firenze. È Direttore della rivista Firenze Urban Lifestyle e collabora con altri magazine e blog su temi attinenti Cultura, Ambiente e Società. Scrive e ha scritto per Il Fatto Quotidiano, Smart Working Magazine e Artribune.
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