Dieci cambiamenti a cui dovremo abituarci al ritorno in ufficio

Indice dei contenuti

Articolo di Michele Razzetti su Vanity Fair

Dai rapporti con i colleghi alla pausa pranzo, passando per la presenza: ecco alcuni cambiamenti che potrebbero segnare il nostro rientro in ufficio.

Il ritorno in ufficio prima o poi attende tutti noi, sia chi in questi giorni non lavora sia chi lo fa da casa. Una certezza, questa, che si accompagna a un’altra: finché dovremo convivere con il coronavirus, l’ufficio non potrà essere come lo abbiamo conosciuto finora. Chiamiamoli cambiamenti, chiamiamole – perché no – innovazioni: sappiamo solo che sono ineludibili per le aziende che vogliono sopravvivere. Come ci spiega Alessandro Zollo, amministratore delegato di Great Place to Work, che il 23 aprile presenta la sua annuale classifica delle migliori aziende in cui lavorare in Italia, questi cambiamenti interesseranno sia la struttura fisica dell’ufficio sia l’organizzazione della giornata di tutti i suoi abitanti.

Grossomodo le ragionevoli certezze finiscono qui. Adesso entriamo con cautela in un territorio più incerto, fatto di previsioni e ipotesi sul come sarà nei prossimi mesi il lavoro in ufficio. «La verità assoluta non ce l’ha nessun» premette Luca Brusamolino, amministratore delegato di Workitect e cofondatore di Smart Working Day, «senza dubbio però il ritorno in ufficio richiede un approccio sistemico che consideri i molti elementi in gioco, tutti collegati fra loro. La crisi che stiamo vivendo è anche la crisi di un modello che non ragiona con una visione di sistema, ma sezionando i problemi in piccole parti».

Un cambiamento culturale profondo a cui non ci si può sottrarre, pena il rischio di scomparire del tutto. «Per quanto brutale, qui la questione, valida sia per le persone sia per le aziende, è quella del “cambiare o morire”. È un’occasione per modificare veramente il modello organizzativo e chi non lo fa rischia di chiudere» aggiunge Luca Brusamolino.

Il potenziamento dello smart working
Se ne parla da settimane e molte aziende, volenti o nolenti, hanno dovuto familiarizzare per lo meno con l’idea di far lavorare i dipendenti da casa. In questo caso non si può parlare di smart working in senso ampio, ma di una delle sue possibili componenti. «È successo per un fattore esterno, però è successo. Alcune imprese si sono trovate impreparate non solo da un punto di vista culturale, ma anche tecnologico. Ma il coronavirus ha anche mostrato che il lavoro da casa non funziona appieno nel momento in cui è l’unica modalità. Questo perché la casa non è il luogo ideale per lavorare in molti casi».
No, il lavoro da casa può essere un’opzione ma l’ufficio conserva il suo ruolo. Anzi, «al di là della fase due, l’ufficio sarà sempre un magnete per l’incontro. Siamo degli animali che se non si incontrano, in qualche modo muoiono» conclude Brusamolino.

Dal design alla pausa pranzo
Mascherine, gel igienizzanti, distanze di sicurezza: questi li diamo un po’ per scontati; sì, perché le novità non si limiteranno ai dispositivi di protezione individuale, ma coinvolgeranno anche altri settori. Alcune di queste mirano anche a un impatto psicologico rassicurante, un fattore da non sottovalutare in questi tempi segnati da profondi vissuti di ansia.
Dovremo ricalibrare innanzitutto il nostro rapporto con i colleghi. Presumibilmente sarà necessario contenere la nostra attitudine culturale – che varia a seconda delle regioni – al contatto fisico, evitando strette di mano, abbracci e baci.


La struttura architettonica degli uffici dovrà essere ripensata con «l’office layout dominato dall’open space negli ultimi anni che va riconsiderato» osserva Alessandro Zollo. Ma cambieranno anche la quantità di ore e i momenti della giornata in cui saremo presenti fisicamente in ufficio perché «è indispensabile diluire il numero delle persone per metro quadro». Poi la scrivania che potrebbe ospitarci anche durante la pausa pranzo:«Elettronica ha lanciato una app di packet lunch per consegnare il pranzo alla scrivania ed evitare assembramento in mensa».

Categorie
Scarica le nostre guide gratuite
Desk Sharing
Desk sharing significa letteralmente condivisione
della scrivania
.
Si tratta di un’organizzazione delle postazioni dell’ufficio non più basata sull’assegnazione delle singole scrivanie, bensì sulla loro condivisione.
Clean Desk Policy
Si tratta di una direttiva promossa dall’azienda che regola il modo in cui le persone devono lasciare la postazione di lavoro una volta concluse le attività e come devono gestire i documenti, i file e, in generale, i dati sensibili.
Donna stressata dal lavoro
Mercoledì 8 maggio, ore 12:00

Lavorare stanca: come gestire lo stress in azienda

Il caso FINDUS

Quali soluzioni sono più efficaci per promuovere un clima lavorativo sano e stimolante? Ne parleremo con Findus.
Webinar gratuito, posti limitati