Le proteste contro il Green Pass sul luogo di lavoro sono spie di conflitti sociali irrisolti

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18 mesi dallo scoppio della pandemia sanitaria l’Italia ha in questo inizio di autunno 2021 una situazione migliore rispetto alla maggioranza dei paesi europei. Nel Regno Unito, paese con il 78,8% di popolazione vaccinata come il nostro a parità di abitanti e laboratorio per vedere gli effetti delle riaperture totali, i casi di positivi sono ormai 45mila giornalieri. Da una parte, per paradosso statistico, più persone sono vaccinate sul totale e più è probabile che sia un vaccinato a contrarre il virus SarsCoV2 per la “legge dei grandi numeri”. Il 19 ottobre si sono registrati 223 morti in Inghilterra, il numero più alto dall’inizio della campagna vaccinale e il sistema sanitario – devastato da quarant’anni di tagli della spesa pubblica – è tornato sotto pressione. Quindi, poche misure di contenimento rischiano di vanificare gli sforzi per la vaccinazione. E qui arriviamo alla questione del Green Pass.

Gli irriducibili. 

Venerdì 15 ottobre è stato introdotto il Green Pass obbligatorio per recarsi al lavoro nel settore pubblico e nel privato. Dai dati INPS emerge che quel giorno 94.113 lavoratori in Italia si sono dati malati, un +23% rispetto al venerdì precedente. Poi c’è stata la corsa al tampone, lunedì 18 ottobre ne sono stati effettuati 662mila, un record che però ci consegna una buona notizia: il tasso di positività al SarsCoV2 è sceso allo 0,4%.

Ora io non voglio entrare nel merito dei vantaggi della vaccinazione, ma è ormai conclamato che il vaccino ha un effetto in termini di riduzione della contagiosità e del rischio di subire le gravi forme in quanto a ricoveri e decessi. È il contorno sulle proteste all’obbligatorietà del Green Pass che mi è fastidioso. Siamo in una pandemia sanitaria e l’autorità ha la facoltà di imporre una certificazione del genere, anche per andare al lavoro. Ci sono lavori per i quali è sempre stato necessario passare visite di idoneità, sottoporsi a controlli sanitari e quindi dopo un lockdown e 130.000 morti si può chiedere una attestazione di non contagiosità? Secondo me sì. A chi protesta per il Green Pass obbligatorio per lavorare vorrei ricordare che l’Italia è il paese che in Europa ha il maggior numero di morti sul lavoro e quello dove gli stipendi sono cresciuti meno negli ultimi 30 anni: non sarebbe un buon motivo per protestare?

La dittatura sanitaria de noantri. 

Ma allora perché tutte queste proteste sul Green Pass? Perché è chiaro che c’è dietro una regia che mescola nel torbido per ottenere visibilità e si porta dietro un pezzo di “società civile”. È il caso del minuscolo partito neofascista Forza Nuova (0,37% alle elezioni del 2018 e poche migliaia di attivisti) che è saltato alla triste cronaca per le violenze alla manifestazione del 9 ottobre. Dopo mesi in cui ha operato per prendere la testa del movimento No Vax italiano ha provato a fare da patetico collettore per tutti quelli che sono critici sulla gestione della crisi sanitaria.

Sulla stessa linea, il weekend dopo, la protesta dei portuali di Trieste contro il Green Pass, subito “scavalcata a destra” da infiltrazioni di figure che con il porto giuliano non avevano nulla a che fare. Che queste persone parlino di dittatura sanitaria è ridicolo, soprattutto coloro che poi si scoprono nostalgici di ben altra dittatura: fascista.

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Francesco Sani
Giornalista Pubblicista laureato in Sociologia all'Università di Firenze. È Direttore della rivista Firenze Urban Lifestyle e collabora con altri magazine e blog su temi attinenti Cultura, Ambiente e Società. Scrive e ha scritto per L'Espresso, Il Fatto Quotidiano, Smart Working Magazine e Artribune.
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Giornalista Pubblicista laureato in Sociologia all'Università di Firenze. È Direttore della rivista Firenze Urban Lifestyle e collabora con altri magazine e blog su temi attinenti Cultura, Ambiente e Società. Scrive e ha scritto per L'Espresso, Il Fatto Quotidiano, Smart Working Magazine e Artribune.