Il metaverso di Mark Zuckerberg futura frontiera del lavoro agile?

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In futuro, lo sviluppo tecnologico potrebbe rendere obsoleti gli odierni dispositivi dotati di display. È questo lo scenario profetizzato da Mark Zuckerberg in una intervista rilasciata lo scorso anno al canale del noto Youtuber Marques Brownlee.

Il riferimento è alle “tecnologie immersive”, ovvero quello spazio tecnologico dove l’utente è immerso in un piano parallelo alla realtà: aumentata, virtuale o mixed reality.

Un esempio di realtà aumentata è Google Maps, un software pensato per proporre al navigatore informazioni reali e virtuali. Le fotocamere evolute dei nostri smartphone permettono di ospitare queste applicazioni ormai da alcuni anni. La realtà virtuale invece è un sistema che pone l’utente in una dimensione a cui si accede con uno speciale visore e la mixed reality è il grado di maggiore dinamica d’interazione e controllo degli oggetti digitali.

Questa combinazione di spazio reale e virtuale fa parlare di “ergonomia del quotidiano”: disegnare nuovi ambienti di lavoro e collaborazione, interconnesse e adattive, grazie ad una scenografia. Ovvero, creare esperienze paragonabili, se non sovrapposte, a quelle del reale.

La sensazione di far parte di una dimensione del genere in contatto con altre persone nella medesima modalità operativa, viene chiamata embodiment. A questo proposito, Zuckerberg allude alla realtà virtuale e aumentata come cambiamento del modo in cui le persone comunicano tra loro senza l’impiego di schermi e, su questa linea, è avvenuto il cambio di nome da Facebook a Meta.

Lo scorso ottobre, nell’annunciarlo, ha aggiunto che <<il metaverso raggiungerà un miliardo di persone in un decennio, creando milioni di posti di lavoro>>.

Il “metaverso” è un mondo di infinite comunità virtuali interconnesse, in cui le persone possono incontrarsi e lavorare, utilizzando visori per realtà virtuale, occhiali per realtà aumentata o app per smartphone.

La multinazionale di Menlo Park, d’altra parte, sta sviluppando la ricerca su un dispositivo di realtà aumentata indossabile con il “Project Aria” (fino al 2019 conosciuto come “Spaces”). L’innovazione in questo campo è stata guidata da un’attività della divisione reality labs che ha lavorato a un prototipo di occhiale con un’avanzata tecnologia audio. La missione è produrre strumenti di realtà virtuale in grado di aiutare le persone a connettersi sempre e dovunque.

Nel frattempo, abbiamo visto a settembre 2021 lanciati sul mercato i primi smart glass a marchio Ray-Ban. Senza fornire particolari spiegazioni sul prodotto, nell’annuncio della partnership pluriennale tra Facebook (oggi Meta) e Essilor-Luxottica è stato scritto che gli smart glass Ray-Ban combinano il meglio del fashion style con la più innovativa delle tecnologie. 

L’opinione di Zuckerberg, così come espressa nella sopracitata intervista concessa a Brownlee, è coerente con questa frontiera, ovvero ogni 15 anni emerge all’orizzonte una nuova piattaforma tecnologica.

A suo avviso, il progresso sarà consentire un’esperienza più coinvolgente e immersiva nella comunicazione tra persone e aziende.

<<Oggi nelle nostre tasche c’è un telefono che sostanzialmente è un potente computer dotato di un piccolo schermo – ha spiegato – ma non è il punto di arrivo ultimo dello sviluppo tecnologico>>. Quindi, la realtà virtuale e aumentata.

Non a caso, quando si è espresso a favore di un’estensione del lavoro agile per i suoi dipendenti, dietro c’era l’investimento sulla nuova piattaforma online per la gestione del remote working: Workplace.

A Meta si immagina un futuro nel quale le persone potranno interagire tra loro e lavorare con oggetti virtuali in grado di proiettare ologrammi, senza avere necessità di un display. Dispositivi che useranno sensori per catturare audio e video, scattare foto, rilevare i movimenti degli occhi e registrare la posizione dell’utente.

L’impatto e il tratto distintivo superiore della realtà aumentata e virtuale è la sensazione di vivere un’esperienza a distanza con un collega in un ambiente artificiale e reale al solito tempo.

L’elemento sensoriale dell’embodiment fa la differenza e pone in una condizione di vantaggio la tecnologia immersiva nei confronti di smartphone, computer o tablet, sostituibili da ologrammi digitali.

Questa è la nuova frontiera dello smart working?

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Francesco Sani
Giornalista Pubblicista laureato in Sociologia all'Università di Firenze. È Direttore della rivista Firenze Urban Lifestyle e collabora con altri magazine e blog su temi attinenti Cultura, Ambiente e Società. Scrive e ha scritto per Il Fatto Quotidiano, Smart Working Magazine e Artribune.
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Francesco Sani
Giornalista Pubblicista laureato in Sociologia all'Università di Firenze. È Direttore della rivista Firenze Urban Lifestyle e collabora con altri magazine e blog su temi attinenti Cultura, Ambiente e Società. Scrive e ha scritto per Il Fatto Quotidiano, Smart Working Magazine e Artribune.
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