Presentati: raccontaci quale è la tua realtà lavorativa e di cosa ti occupi. Raccontalo con parole semplici come se stessi parlando con un bambino curioso, piccolo esploratore alla ricerca del lavoro dei suoi sogni… Cosa gli racconteresti?
Sono un ingegnere industriale che ha deciso di intraprendere la strada della ricerca, nel settore dell’energia e della sostenibilità.
Dopo 20 anni di studio, ho scelto di occuparmi di innovazione all’interno del consorzio ELIS.
Solitamente la mia definizione è: 50% designer e 50% ingegnere. Mi sento un costruttore di mattoncini lego, perché amo mettere insieme soluzioni, creando sempre cose diverse.
Sono un appassionato di tutto ciò che riguarda le tecnologie green, legate alla sostenibilità che, come anticipato, è un tema che ha guidato con costanza la mia carriera.
Dopo aver esplorato il mondo della ricerca, sono entrato a far parte del Ministero dell’Ambiente, respirando l’ambito nazionale e internazionale, nel ruolo di Advisor all’interno del contesto aziendale. Qui ho studiato i meccanismi di produzione, i cicli di funzionamento e, più in generale, come rendere più efficienti i processi.
Successivamente, nel 2017, mi sono imbattuto nel lancio di un nuovo programma del Consorzio ELIS. Chiarisco prima cos’è il Consorzio. Nasce nel 1992, all’interno del centro di formazione ELIS, acronimo che sta ad indicare “Educazione al Lavoro tramite Istruzione e Sport”. La mission fondante si basa sul desiderio di far ragionare grandi aziende, partendo dai loro CEO, attorno a tre aspetti principali: l’innovazione tecnologica, i gap di formazione e l’impatto sociale. Stimolo all’incontro e al dialogo tra di loro e facilitazione di progetti sono ciò in cui si sostanzia il come generare valore positivo sul business e, soprattutto, sulla società a 360 gradi. Tutto questo in una logica collaborativa, di Coopetition, senza alcun tipo di competizione.
Dal 92 ad oggi il Consorzio è cresciuto notevolmente, arrivando a coinvolgere un numero importante di grandi Corporate, che spaziano, ad esempio, dal settore Energy, ai grandi player Media & Telco, dei Trasporti.
Da qui è nato OPEN ITALY, di cui sono il Direttore da alcuni anni.
Una concreta risposta ad una specifica domanda: “Come possiamo far crescere l’ecosistema di innovazione italiano e crescere anche noi come Corporate?”
Il principale scopo alla base del programma è, quindi, quello di guidare un percorso di innovazione aperta e collaborativa tra una Community composta da Corporate e i diversi attori dell’ecosistema innovativo italiano, partendo dai reali bisogni delle aziende, messi al centro.
Ricerca di realtà innovative in tutta Italia, con un approccio da “piattaforma/ecosistema aperto”;partnership con centri di ricerca e incubatori che contribuiscono a segnalarci Startup interessanti; coinvolgimento di giovani futuri consulenti, da far crescere nel mondo dell’innovazione sono alcuni delle attività principali di OPEN ITALY, che permette così opportunità ai diversi stakeholder coinvolti.
Quali sono stati gli eventi più significativi della tua carriera? Prova a ripercorrere la tua strada e a raccontarci cosa ti ha portato fino a qui…
Il primo evento: andare a studiare a Londra e, dopo tanti anni, rientrare, avendo ricevuto una proposta per diventare ricercatore nell’ambiente marino-costiero. Ho deciso di accettare in quanto l’idea di fare ricerca sulle tecnologie innovative mi interessava particolarmente.
Devo dire che la parte di studio, l’essere curioso, e scoprire sempre qualcosa di nuovo, che va al di là del sentire comune, mi ha aiutato tanto ed è stato anche uno tra i motivi per cui ho scelto di ritornare in Italia e accettare il mio nuovo incarico.
Dopo aver lavorato, come vi dicevo in precedenza, all’interno del Ministero a livello nazionale e internazionale, avevo il desiderio di testare e concretizzare i prodotti della mia ricerca e così ho scelto di entrare nella consulenza aziendale… Volevo sporcarmi le mani per capire le dinamiche applicative.
Dopo qualche tempo dal mio ruolo di consulente, ho deciso di co-fondare una startup, comprendendo gli aspetti negativi e positivi di essere uno startupper.
Tutti questi cambiamenti per me sono stati una fortuna perché mi hanno dato modo di vivere ed approfondire diversi contesti. È proprio grazie alla continua esplorazione che, quando mi hanno proposto di co – disegnare un’iniziativa che comprendesse tutte le mie esperienze e che avesse un impatto per tutti questi attori (ricerca, aziende, startup), ho accettato.
La social reputation riveste un’importanza fondamentale nella ricerca del lavoro e nella costruzione di un network proficuo. Prova a metterti nei panni di un giovane: come riuscire a catturare l’attenzione del target scelto, attraverso il Personal Branding? Quali consigli possono risultare utili per sfruttare questo strumento?
Ciò che consiglierei ai ragazzi è di ragionare sulle loro idee e condividerle in una formula trasparente, cimentandosi in attività che sentono essere nelle loro corde; fare attenzione alle proprie propensioni personali.
Un esperimento che faccio con i giovani che partecipano all’Innovation Bootcamp di OPEN ITALY (il percorso di formazione che proponiamo loro per mettersi in gioco nel campo della consulenza e dell’innovazione e che colgo l’occasione per invitare a valutare come strada per il futuro, essendo aperta la candidatura fino al 1 aprile) è quello di scrivere un loro pensiero/feedback rispetto alle esperienze di conversazione e dialogo che vivono con i grandi esperti del settore.
Mi piace capire cosa li ha ispirati, cosa si è acceso in loro; concretizzare i propri pensieri è difficile, richiede sintesi e impegno ed è per questo che è un ottimo esercizio per tutti.
Riporto questo esempio per sottolineare l’importanza della scrittura, come strumento fondamentale per interiorizzare riflessioni, spunti e ispirazioni, oltreché per costruirsi ed esporsi, sempre più in un’ottica di personal branding che è ciò che apre le più variegate opportunità.
Siamo di fronte ad uno scenario in continua trasformazione senza tempo: secondo te, quali sono le opportunità che i giovani devono e possono cogliere da questi continui cambiamenti? Come riuscire a gestirli attivamente?
Ti rispondo consigliando un libro che ho letto qualche anno fa: “Design your life”. Questo, in qualche modo, propone al lettore una prospettiva diversa su come approcciare al mondo del lavoro, il luogo verso cui tendiamo.
Il testo introduce il concetto dei “progetti Odissea”, ossia quelle proiezioni future, che possono riferirsi ad ambiti diversi di vita o lavoro, rispetto a come ci piacerebbe vederci da qui ai prossimi 10 anni, per indagare su come scegliere e curare quelle propensioni personali in linea con le ambizioni delineate, mediante un meccanismo esperienziale.
Suggerisco poi un elemento che credo fondamentale, la proattività. Se si aspetta l’opportunità giusta non arriverà mai…ad esempio posso confermare di aver incontrato persone che mi hanno proposto un progetto e queste stesse persone sono diventate poi colleghe.
Credo fondamentale farsi sempre alcune domande e farlo, al contempo, con uno sguardo proattivo. Un esempio semplice, ma efficace: se ci si sta interrogando se lavorare in una grande corporate potrebbe piacerci, si potrebbe scrivere ad uno specifico target che lavora nelle aziende che ci interessano, non con l’approccio del “Mi piacerebbe lavorare da te, come faccio ad entrare?”, quanto piuttosto con il desiderio di capire come è lavorare in quella azienda. Questo è un esercizio utile per capire se le proprie aspettative sono diverse da quelle reali.
Adesso ti propongo di lasciare questa rubrica con un consiglio, in risposta a qualcosa che non ho avuto modo di chiederti, o un augurio per i giovani che si affacciano a questo mondo lavorativo in progress…
Non abbiate paura di sporcarvi le mani, provate ciò che vi piace, andate nella direzione che credete più interessante e giusta per voi, con coraggio.
Io ho sempre imparato tantissimo dallo sperimentare e questo si collega con l’innovazione, bisogna testare sempre cose nuove e possibilmente farlo insieme ad altre persone.
Quindi provate!