Lavorare da casa per sempre? Per molti è un’idea angosciante

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Articolo di Michele Razzetti su Vanity Fair

Abbiamo chiesto al noto psicoterapeuta Giorgio Nardone i problemi che possono sorgere quando il lavoro da casa diventa l’unica opzione.

Lavorare da casa per sempre: per alcuni suona come una condanna a morte, per altri come un salvifico cambiamento portato dal Coronavirus.

Comunque la si pensi, alcune aziende private si stanno attrezzando in questo senso. Jack Dorsey, amministratore delegato di Twitter, ad esempio, ha aperto ai dipendenti del social network la possibilità di continuare a telelavorare per sempre. Una decisione che spetta comunque al lavoratore stesso perché di fatto gli uffici continueranno a esistere.

Anche in Italia, con le misure previste dal Decreto Legge Rilancio, sembra che il telelavoro avrà una spinta anche dal punto di vista legislativo.

In particolare, pare che il lavoro da casa diventerà,  almeno fino al 31 luglio (data che segna per ora la fine dello stato di emergenza legata al Covid-19), un diritto per i lavoratori di aziende private con almeno un figlio sotto i 14 anni. Ovviamente, la misura è prevista solo nel caso in cui questa modalità sia compatibile con il lavoro che si svolge.

Per milioni di persone si apre così la concreta possibilità di continuare a lavorare fra le mura domestiche ancora per molti mesi. Peccato che molti di questi, in casa proprio non vorrebbero starci. I motivi possono essere diversi e spaziano dalle situazioni familiari infelici ai metri quadrati insufficienti per potersi ritagliare uno spazio in cui essere produttivi.

Alcuni lavoratori arrivano a provare perfino vissuti di angoscia come spiega lo psicoterapeuta Giorgio Nardone, fondatore del Centro di Terapia Strategica di Arezzo. «Queste persone non riescono a riadattarsi perché sviluppano una sorta di rifiuto e continuano a domandarsi quando torneranno in ufficio».

Un motivo alla base dell’insofferenza verso il lavoro da casa può essere semplicemente una situazione familiare poco serena. «Se in famiglia sto bene, posso essere felice e trovare anche più tempo per me stesso; viceversa, se ci sono dinamiche conflittuali, queste si esasperano».

La situazione può diventare addirittura esplosiva. «Si è scatenata un’irritabilità e un’aggressività micidiale. Conrad Lawrence, fondatore dell’etologia, ha ricevuto il Premio Nobel proprio grazie allo studio dell’aggressività fra soggetti della stessa specie. Secondo la sua visione, se metti molti membri di una stessa specie in uno spazio ristretto, finiscono per aggredirsi».

In alcuni casi, così, ai pensieri scatenati dal mancato rientro in ufficio si aggiungono i malumori derivanti da una convivenza poco piacevole. Scarseggia la concentrazione e si innescano conflitti notevoli. «Di fatto c’è stato un aumento dell’aggressività fra le persone. Rimanere a casa è un piacere solo per pochi privilegiati; per la maggioranza, diciamoci la verità, è l’angoscia peggiore in questo periodo. So che è un’affermazione che sconvolge molti, ma osservando i dati, inoltre, si nota che la famiglia non è il posto più sicuro; anzi, è per certi versi uno dei più pericolosi al mondo. La maggioranza degli omicidi e delle violenze sessuali avviene proprio in questo contesto».

Oltre a chi vive in contesti familiari poco sereni, il telelavoro può angosciare anche chi vive da solo in casa. «Queste persone perdono gran parte della loro socializzazione e possono incappare nell’angoscia da solitudine». Un pericolo che non è scongiurato neanche dalle relazioni digitali perché questa forma di comunicazione «non potrà mai sostituirsi del tutto al contatto relazionale di persona. Le persone si sentono disperatamente sole, soprattutto se hanno investito molto in lavori fortemente socializzanti» conclude Nardone.

Per alcuni quindi la casa non è assolutamente il luogo ideale per continuare a svolgere il proprio lavoro. Un’opinione condivisa anche da chi si occupa da anni di smart working; come ci ha spiegato Luca Brusamolino, CEO di Workitect e promotore del progetto #Fase2, in questo articoloil lavoro da casa funziona davvero quando è una possibilità e non l’unica – imposta – soluzione.

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Luca Brusamolino
Co-founder di Workitect e smart working expert. Dal 2016 si occupa di consulenza alle aziende nei processi di workplace change e nell’introduzione dello smart working. Docente di Master di Secondo Livello in HR c/o LUM, tiene seminari presso diverse Università italiane.
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Luca Brusamolino
Co-founder di Workitect e smart working expert. Dal 2016 si occupa di consulenza alle aziende nei processi di workplace change e nell’introduzione dello smart working. Docente di Master di Secondo Livello in HR c/o LUM, tiene seminari presso diverse Università italiane.
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