L’imperatore Tiberio: primo smart worker della storia

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Alzo la testa e mi volto verso un sole sempre più prepotente. Dopo qualche secondo di accecamento reiniziano a prendere forma i confini del mio vedere: una meraviglia, mi trovo sul lato ovest di Capri e mi sono cimentato nel sentiero dei fortini, dove si può ancora respirare la parte più selvaggia dell’isola, dove le onde si schiantano sugli scogli e il fiotto del mare ti inebria con i profumi del Lentischio e del Corbezzolo.

Come sempre (mi) capita in queste occasioni, ho un abbigliamento poco tecnico (avendo assimilato sempre ai grotteschi “mostri” di Tatiana Larina – e di pushkiniana memoria – coloro che si accingono a fare una scarpinata, per quanto impegnativa, con mezzi e strumenti tecnici pari ed anzi certamente superiori a coloro che, nell’800, attraversavamo a piedi il deserto).

In questo mio atteggiamento snobbistico verso l’abbigliamento (turbo)tecnico, mi prendo una pausa per leggere (e, sì, sono strano lo so), appoggiato su un masso tanto bello quanto scomodo, forgiato in asprezza da Eolo, ma in durezza dalle maree di Nettuno.

Ho con me un libro (forse il più bel libro che ho letto quest’anno) di Axel Munthe, semplicemente un genio vissuto a “cavaliere” tra i due precedenti secoli che, oltre ad essere stato un medico svedese di fama internazionale, ha eletto proprio Capri come la terra dove costruire la sua splendida casa “San Michele” (che vi suggerisco di andare a visitare ad Anacapri), e la cui “storia” è stata scritta su consiglio di un certo Henry James in un momento doloroso della vita di Axel (in cui stava perdendo la vista).

Come spesso mi capita di fare nei momenti di relax, tocco ed anzi stropiccio il libro (edito da Garzanti) mettendo anche le “orecchie” alle pagine più belle, avendo sempre avuto antipatia per coloro che “trattano” i testi come oggetti “sacri” e preferendo invece un loro “utilizzo” come un ingrediente che dà sapore alla vita e quindi può ben rischiare di essere rovinato.

Lo apro a caso per vedere cosa può offrire il “menù” e lo chef Axel (perché è talmente simpatico e affasciante che non si può non dargli del tu) mi offre, come piatto del giorno, una pagina in cui racconta di “Timberio”, perché è così che i capresi chiama(va)no il vecchio imperatore romano (Tiberio) che visse gli ultimi undici anni della sua vita nell’isola di Capri.

Mi metto ad assaporare la sua prosa, quando mi disturba il freddo e asettico “bip” di una mail di lavoro a cui sono costretto, ahimè, a rispondere.

Con una postura piuttosto goffa comincio a digitare su questo schermo di cristallo inanimato che ha perso anche la dignità “fisica” dei suoi tasti, quando chiedo a me stesso come avrebbe fatto e come faceva l’imperatore Tiberio.

E sì perché a noi, nelle nostre “piccole” vite, ci sembra una astinenza insopportabile l’allontanamento da una rete wi-fi o l’assenza della “fibra” tanto da trasformarci in rabdomanti del segnale via etere in caso di difficoltà, quando Tiberio, più di 2000 anni fa, è riuscito ad amministrare un impero senza neanche uno smart phone….

A prescindere dal giudizio sull’uomo (diciamo che Svetonio e Tacito ci sono andati giù in modo molto pesante…) quello che mi desta più stupore è la capacità, e diciamo pure il coraggio, di amministrare  “mezzo mondo” (nel vero senso della parola) da “remoto”.

Seppur secondo alcuni l’ “esperimento” di amministrazione da “Capri” non riuscì benissimo a Tiberio, ciò che conta è il tentativo (tanto convinto da aver istituito un vero e proprio servizio postale…).

Potremmo quindi dire che il primo smart worker della storia è stato proprio Tiberio che ha deciso (per motivi legati soprattutto a forti delusioni personali) di abbandonare l’ “headquarter” di Roma per “delocalizzarsi” a Capri, in quel south working di cui tanti oggi si riempiono la bocca non sapendo neanche di cosa stanno parlando.

Se lui ci è riuscito, senza elettricità, telefono e computer, credo che i nostri obiettivi (attuali) siano ampiamente alla nostra portata e non dobbiamo avere paura. Basta ai dubbi sulla efficacia dello smart working, basta a domande inutili sulla paura di disastri organizzativi solo per avere travalicato le nostre bagatellari “colonne d’Ercole” poste all’ingresso dei nostri uffici.

Proviamoci davvero.

Scusatemi mi devo interrompere, sento un urlo. Butto il libro per terra e mi giro. È stato visto un (innocuo) serpente nero che ha spaventato la mia compagna di “scarpinata”… niente di grave per fortuna, ma raccolgo il libro che mi si apre a pagina 27, Axel, riferendosi a Tiberio, mi dice: “la gente diceva anche che tornava lì sotto forma di un grande serpente nero”. Il “collega” smart worker era venuto a fare un saluto 😉

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Sergio Alberto Codella
Avvocato da sempre interessato al diritto del lavoro, della previdenza sociale e sindacale. Da circa vent’anni svolge attività di natura giudiziale e consulenziale in favore di società e manager. É segretario generale della AIDR Associazione Italian Digital Revolution.
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