“Papà andiamo a festeggiare con la moto l’Italia?!”… la frase non era ancora finita che io e mio figlio (uno splendido uomo di ben 7 anni di età) ci siamo ritrovati per le strade di Roma muniti di ciò che era indispensabile: mezzo serbatoio pieno, mascherine, bandiera e tanta voglia di cantare…
Passando tra persone dalle età e dai ceti più diversi sentivo gridare da tutti (anche da Riccardo che davvero non so dove possa averla sentita) la stessa strofa
“Notti magiche inseguendo un goal
sotto il cielo di un’estate italiana
E negli occhi tuoi voglia di vincere…”…
Con mio figlio che si stringeva forte (anche perché, non lo voleva ammettere, ma secondo me aveva anche un po’ di paura…) cantavamo con il vento in gola per il lungotevere in quei momenti che si possono dire perfetti, con lui che guarda felice il cielo in attesa di incredibili sorprese ed io che sapevo, più di lui, quanto siano preziosi e indimenticabili questi attimi che non tornano di sovente a trovarti.
Sfrecciando a ben 30 Km/h sotto Castel Sant’Angelo con la voglia di non fermaci mai più, mi sono tornati alla mente tanti ricordi ed anche qualcuno un po’ melanconico (perché, nessuno lo dice, ma nei momenti di euforia si lascia uscire tutto e spesso emergono anche le proprie fragilità tanto è vero che in queste occasioni si piange spesso) relativo a mio padre che, poco più grande di Riccardo, mi aveva consolato (nei limiti che il suo carattere gli permetteva) per la semifinale persa contro l’Argentina da quella atroce lotteria dei rigori del 1990.
Lo ricordo ancora come un momento di “sconfitta” e, poi, pensando sempre a mio padre (che ahimé avrei perso molto prima di poter festeggiare il successivo evento calcistico insieme) mi è venuto in mente quando, poco dopo, mi aveva fatto vedere con orgoglio la prima pagina del Corriere della Sera del 15 maggio 1991 che titolava “Italia Quarta Potenza”.
Sembra incredibile, ma nel 1991 eravamo la quarta potenza industriale a livello mondiale e, forse, quella partita con l’Argentina è stata una triste e cassandrica premonizione sul (grigio) futuro che ci avrebbe aspettato nel lungo periodo successivo.
Se, forse, avessimo vinto quella partita con l’Argentina le cose sarebbero andate meglio e non saremmo stati costretti a subire una Italietta da serie B relegata, per i decenni avvenire, ad un ruolo marginale e secondario.
E allora, grazie a questa recente Vittoria, siamo riusciti (o almeno speriamo di farlo) a riprenderci il nostro Destino, ad alzare la testa sotto le luci del Colosseo, e questo senso di riscatto lo gridiamo attraverso la canzone di Bennato e della Nannini che avremmo voluto e dovuto cantare circa 35 anni fa e che invece ci hanno strozzato in gola.
Nell’inconscio collettivo, questo senso di rivalsa lo abbiamo percepito tutti – addirittura anche mio figlio di sette anni – la notte dell’11 luglio 2021 ed è per questo che ci siamo ritrovati in Piazza del Popolo a riprenderci un futuro che dopo il 1990 ci hanno scippato, ma che armati di bandiere e di italica allegria vogliamo oggi riprenderci.
Qualche notte fa, infatti, non gridavamo tanto “abbiamo vinto”, ma più spesso – più o meno come in una seduta psicoanalitica di “gruppo” a livello nazionale – “siamo i più forti” e questo per convincerci che sia veramente così…
Ed allora, grazie anche alla nostra “europeità” ed a ciò che di buono questo continente e questa Unione ci potrà portare soprattutto nei prossimi anni, dobbiamo nel mondo HR, nelle relazioni sindacali e negli investimenti sulle risorse umane avere il coraggio di vincere e non lasciare, come accaduto per troppi anni, di essere sorpassati senza neanche ribellarci.
Perché così come non è vero che la partita dell’altro ieri la abbiamo vinta ai rigori, ma piuttosto quando siamo riusciti a reagire dopo il goal avversario al 3° minuto di gioco, così dobbiamo credere nel futuro del nostro tessuto produttivo nonostante le difficoltà degli ultimi anni ed alcune poco condivisibili scelte legislative in materia di diritto del lavoro.
E il fatto che abbiamo vinto contro una Nazione che fa dell’euroscetticismo la sua bandiera ha valore, se possibile, ancora maggiore. In questo momento abbiamo i talenti, le risorse finanziare, ma soprattutto il coraggio per provarci, insieme.
Cosa aspettiamo allora a riorganizzare le imprese con modelli più flessibili? Perché tentenniamo ancora innanzi a investimenti che oggi possono finalmente essere alla nostra portata? Per quale ragione non andiamo a premiare le aziende che investono su riforme strutturali?
D’altronde è notte fonda e sto ballando con mio figlio su una pista che si chiama vita e che oggi si è arricchita di qualche sorriso in più che brilla sotto le stelle, mentre Riccardo mi sta gridando nell’orecchio “… Voglia di vincere…”, non avendo nessuna intenzione di lasciare alzare a qualcuno altro la coppa dei prossimi mondiali ed io non voglio deluderlo, spero neanche Voi… iniziamo a lavorarci almeno nel mondo del lavoro.