L’insostenibilità del Metaverso

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L’opinione di Mark Zuckerberg è che ogni 15 anni una nuova piattaforma tecnologica prenda l’avvento. 

Dopo la diffusione capillare degli smartphone, a suo avviso, il progresso sarà consentire un’esperienza più coinvolgente e immersiva nella comunicazione tra persone e aziende. Da qui gli enormi investimenti nel “metaverso” e non a caso la società a cui fanno capo le varie Facebook, Instagram, etc. sia stata ribattezzata Meta.

Nello specifico, Zuckerberg allude alla realtà virtuale e aumentata come cambiamento del modo in cui interagiamo senza l’impiego di schermi. Nel 2021, annunciando l’era del Metaverso ha aggiunto che raggiungerà un miliardo di persone in un decennio, creando milioni di posti di lavoro. Un mondo di infinite comunità virtuali interconnesse, in cui sarà possibile incontrarsi e lavorare, utilizzando visori per la realtà virtuale, occhiali per la realtà aumentata o app per gli smartphone.

Ma tutto questo è sostenibile?

Infrastruttura materiale e costi energetici.

Benché a oggi l’investimento di Zuckerberg non abbia ancora restituito una piattaforma minimamente simile a quello che aveva in testa, il dilemma si pone sulla sostenibilità della stessa. L’infrastruttura del sistema digitale è ancora sostanzialmente “materiale”: cavi sottomarini, ripetitori, trasformatori, antenne, server e data center.

Già sappiamo che i consumi energetici per alimentare i data center di tutto il mondo sono stimati in 300 terawattora, pari all’1,5% del consumo energetico globale – dati dell’Agenzia Internazionale dell’Energia – corrispondenti a circa il 5% delle emissioni complessive di CO2 in atmosfera. Emissioni che potrebbero triplicare nei prossimi vent’anni, cosa che è già avvenuta per il traffico dati web, triplicato appunto dal 2016. Questo è dovuto in buona parte alla tecnologia mobile, con il passaggio dal 3G al 4G e la conseguente maggiore velocità di trasferimento dati.

Se già l’energia che consuma Spotify è maggiore a quella che quarant’anni fa era necessaria per produrre compact-disc e vinili, quindi, quanto consumeranno le tecnologie immersive per lavorare, svagarsi o fare formazione?

L’energia richiesta per ricreare un ambiente virtuale con i dettagli del reale potrebbe superare le stime più negative. Ecco, quanta ne serve per alimentare il Metaverso è tuttora un dilemma.

Sul tema si è avventurato pure Raja Koduri, general manager di Intel, che ha scritto in un blog “the Metaverse will require a 1.000 times increase in computational efficiency”. Ovvero per sostenere il mondo virtuale immaginato da Zuckerberg per fare shopping, smart working e altro, occorre un potere computazionale in un ordine di grandezza incredibilmente spropositato rispetto alla tecnologia disponibile al momento per l’infrastruttura informatica. Così, quanta energia potrà richiedere una piattaforma del genere è un problema da affrontare subito, esattamente quanto quello sulle capacità computazionali delle macchine del futuro.

Bilanciare i consumi energetici delle nuove tecnologie con minori spostamenti.

Lo smart working dovrebbe rientrare nelle strategie aziendali per ridurre l’impatto climatico del lavoro ed è già oggi la prima leva di sostenibilità per le imprese. Si è calcolato che il passaggio totale a una condizione di smart-working da casa – o in coworking – consentirebbe di ridurre le emissioni globali di circa 214 milioni di tonnellate in dieci anni. Ricordiamoci che solo per l’Italia, durante il lockdown, con 6,58 milioni di persone che hanno lavorato da remoto, si è stimato un risparmio di emissioni in 1.861 kg annui di CO2 per ciascun lavoratore. 

Quindi, se da un lato si calcola nel 2040 l’infrastruttura tecnologica potrebbe essere responsabile fino al 14% di tutte le emissioni globali, dall’altro il risparmio maggiore verrebbe dalla drastica riduzione degli spostamenti. Non solo per lavoro, si può immaginare anche una vacanza nel Metaverso, per esempio l’esperienza immersiva di un viaggio alle Bahamas senza mai prendere un volo intercontinentale per Nassau! Ovviamente, se questo è il traguardo che vogliamo raggiungere, già da adesso bisogna prendere in considerazione il costo ambientale della tecnologia del futuro bilanciato con il risparmio atteso di emissioni di CO2 in atmosfera.

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Francesco Sani
Giornalista Pubblicista laureato in Sociologia all'Università di Firenze. È Direttore della rivista Firenze Urban Lifestyle e collabora con altri magazine e blog su temi attinenti Cultura, Ambiente e Società. Scrive e ha scritto per Il Fatto Quotidiano, Smart Working Magazine e Artribune.
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Francesco Sani
Giornalista Pubblicista laureato in Sociologia all'Università di Firenze. È Direttore della rivista Firenze Urban Lifestyle e collabora con altri magazine e blog su temi attinenti Cultura, Ambiente e Società. Scrive e ha scritto per Il Fatto Quotidiano, Smart Working Magazine e Artribune.
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